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Corriere Della Sera

Gli autodidatti “stellati” Michelin ... Non c’è bisogno di una parata di grandi chef tricolore a New York per scoprire che in cucina, come nella moda, il made in Italy continua a “tirare” nonostante l’economia depressa e il supereuro. Ma a vederli al lavoro per tre giorni sulla Quinta Strada,
questi undici ambasciatori “stellati” del gusto (decorati, cioè, con le stelle della guida Michelin) portano immagini che non siamo più abituati ad assodare facilmente all’Italia: concordia, freschezza giovanile, competenza. Sono venuti a Eataly a preparare i loro piatti personalizzati della tradizione regionale sotto gli occhi della stampa Usa, ma scherzano tra loro come matricole universitarie, si scambiano grembiuli firmati col pennarello nero, chiedono e danno suggerimenti. Eppure anche i fornelli producono primedonne. Nessuna gelosia? “E perché dovremmo?”, risponde Gennaro Esposito, due stelle conquistate nel “profondo Sud” di Vico Equense: “Veniamo da regioni diverse, ognuno ha il suo mercato, le sue tradizioni, i suoi piatti. Non ci rubiamo i clienti né i riconoscimenti”. Esposito è giovane, come la maggior parte degli altri chef, dal marchigiano Moreno Cedroni al piemontese Ugo Alciati, dall’abruzzese Niko Romito al siciliano Pino Cuttaia, alla romana Cristina Bowerman, coccolatissima non solo perché è l’unica donna della “task force” culinaria, ma anche perché porta i segni della battaglia coi fornelli americani: una piccola ustione, uno schizzo di polenta bollente che le ha sfiorato un occhio. Saranno anche degli autodidatti, come dice polemicamente qualche cuoco più anziano, ma fanno una cucina più vitale di quella francese, un po’ sclerotizzata secondo il Financial Times che giorni fa si chiedeva: “Hanno perso il tocco magico?”. I loro grandi chef restano quelli “storici” - Bocuse, Ducasse, Robuchon - in gran parte anziani, ormai più imprenditori della ristorazione che esploratori del gusto. Gli italiani “emergenti”, più giovani, hanno comunque trovato i loro percorsi culturali, la strada verso l’autorevolezza. Anche questo fa notizia nell’Italia delle gerontocrazie. Come il pasticcere quarantenne Luca Montersino che insegna all’America afflitta da obesità e diabete come fare buoni dessert anche senza zucchero, grassi e uova. Ma vale la pena venire a New York da Modena per fare una pasta e fagioli? Massimo Bottura (doppia stella Michelin anche lui) ride di gusto: “Beh, la mia è un po’ particolare, una compressione di pasta e fagioli in un bicchiere, mia nonna Ancella tra Ferran Adrià e Joel Robuchon. E poi, ormai capita spesso di andare in giro per il mondo. Ci facciamo conoscere, diamo interviste, però spesso sono governi e associazioni a chiamarci. Io di recente sono stato anche in Corea e in Perù e sto andando in Brasile. Spieghiamo come tirare fuori il meglio da un ingrediente, ma anche come tutelare i prodotti locali, come adeguare la cucina ai gusti di popoli diversi”.

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