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Corriere Della Sera

“Vino, porcellane, elefantini nella mia dimora-cantina” ... Quel salotto gattopardesco dove i grandi scrittori diventano enologi... Josè Rallo L’imprenditrice del passito Donnafugata e la sua villa nelle campagne del Belice... Contessa Entellina è un piccolo borgo nel territorio del Belice, nel cuore della Sicilia sud-occidentale, dove fu ambientato “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Sulla strada statale che da Palermo collega Sciacca, fra ulivi, palme e cipressi, “in mezzo a questa vegetazione selvaggia, spicca il carattere un po’ ribelle di un edificio che non si riesce a capire se sia una dimora o una cantina ma che è, in realtà, fusione di entrambi” spiega José Rallo, 45 anni, voce e volto di Donnafugata, famosa azienda vitivinicola siciliana, celebre per il suo vino passito, considerato il migliore d’Italia. Tutto è nato, però, per merito della mamma Gabriella. Questa casa di campagna che si appoggia alla cantina e che con essa comunica tramite una porticina, fu rasa al suolo dal terremoto del 1968 e fu ereditata proprio da lei, “che coltivò il sogno di ricostruirla e recuperare la viticoltura in un contesto non proprio agevole per la conduzione di un’azienda aperta al mercato”. Gabriella Rallo crea pertanto un angolo di ristoro oltre alla cantina. Nasce l’azienda Donna- fugata nel 1983 e il sogno è così realizzato. Il giardino di Contessa Entellina, nello stile della tipica tradizionale casa mediterranea, è fonte di calore e di pace, e qui non manca niente. Compresa una pianta di carrubo secolare che regala un’ampia e piacevole ombra d’estate e buganvillea che si arrampicano sulle palme cariche di datteri. Il giardino, che dal 2008 ha anche un prato verde e panchine sotto gli ulivi, voluto da Josè per accogliere amici e wine lovers, è diventato un vero e proprio salotto letterario internazionale. Ha difatti riunito scrittori insigniti del premio letterario “Tomasi di Lampedusa”, come Claudio Magris, Tahar Ben Jelloun, l’indiana Anita Desai.
“Io, mio padre Giacomo e mia madre solevamo fare colazione con loro, in pieno relax, offrendo le nostre marmellate d’arancia e cedro e i biscottini di mandorle e conoscevamo così la Sicilia raccontata da questi grandi romanzieri, profondi conoscitori del Gattopardo”. Il fulcro della casa è difatti la veranda che apre sulla vista degli ulivi e della vegetazione. “Nei punti in cui non si gode questo panorama, siamo intervenuti abbellendo le pareti interne con colori che riportano la luce all’interno: pesca, azzurro cielo, verde acqua, tutti realizzati in calce e acqua”. C’è tanta mano di Gabriella Rallo nella disposizione degli spazi e arredi. Le porte sono state da lei dipinte e molti oggetti arrivano dai suoi viaggi esotici. Come, ad esempio, la tovaglia dell’Uzbekistan nella sala da pranzo-enoteca e il tappeto dei Tuareg; ma non mancano foto antiche di famiglia ritratta nei momenti importanti (il matrimonio, la vita di coppia) e oggetti di fine ‘800-inizi ‘900, come l’armadietto di Concetta Anca, nonna materna di Josè, che riporta incise sulla vetrinetta le iniziali A e C e tre grappoli d’uva con le foglie di vite. Dentro, una collezione di bicchieri in vetro di Murano e poi boemi, francesi e russi dal ‘700 al ‘900. Nell’angolino del soggiorno risalta una collezione di famose porcellane antiche, che riproducono uccelli di diverso tipo. Alla scalinata che porta al piano superiore, Josè esterna tutto il suo entusiasmo: “Questo è il mio regno, dove si congiungono corpo e anima, terra e cielo”. Azzurro ovunque, come i due elefantini in ceramica che fungono da poggiavasi: “Vorrei essere imbattibile e paziente come loro ma sono vulnerabile e poco paziente”. Salendo lungo il corridoio arriviamo alla “Camera della Cardinale”, dove fu ospitata la celebre attrice nel 2004. Tante le cose da vedere: il quadro di una Madonna contadina dall’espressione dolce e una “chiffonière”, mobile tipico siciliano con specchi e un cassetto segreto. Gabriella disegnò per questa stanza anche due cabine armadio, in muratura, dove spogliarsi e posare i bagagli. La stanza da letto di Josè, che dà sulla terrazza, è di nuovo intrisa di azzurro. Cosa manca in questa dimora? “Ero donna di mare e sono diventata di terra - intuisce in quel momento José -, prima degli studi universitari navigavo in barca a vela e ho imparato da quell’esperienza che puoi sempre entrare nella tempesta e uscirne con intelligenza e prudenza. Ecco, sì, mi manca proprio il mare”.

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