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Corriere Della Sera

Un’ipocrisia di Stato Limiti alla libertà solo per fare cassa … Il protezionismo ha fallito da tempo ... Non c’è nulla, propria nulla, di etico nell’aumento della tassazione sulle bevande alcoliche, come non c’è nella tassa sulle sigarette, perché fanno male alla salute. Non c’è neppure la giustificazione
- che solo il progressismo immaginario e predicatorio può sottoscrivere - di ridurre la diffusione delle affezioni dovute al loro consumo per contenere i costi dello Stato sociale che peserebbero sull’intera comunità, compresi quelli che non bevono Coca Cola e non fumano. La salute non è un bene pubblico, ma privato; nessuno si ingegna a diventare diabetico per obesità volontaria o ad ammalarsi di cancro ai polmoni per ignoranza calcolata degli effetti del fumo. Il welfare provvede, deve provvedere, a curarci dalla bronchite, sia che mettiamo sia che non mettiamo la maglietta della salute. In caso contrario, saremmo, sì, nello Stato etico. Solo Hitler predicava che la salute dei tedeschi - che non avrebbe, poi, esitato a trasformare in carne da cannone - era un bene pubblico; ma non per ragioni etiche, né per ragioni sociali, bensì nella prospettiva, appunto, di servirsene in caso di guerra. La tassazione sulle bevande alcoliche è il disperato tentativo di recuperare risorse da parte di una classe politica che ha dilatato oltre misura le dimensioni, e quindi i costi, dello Stato; nella migliore delle ipotesi, per eccesso di demagogia sociale - il welfare esteso anche a chi potrebbe permettersi di curarsi da sé - nella peggiore, per comprarsi il consenso elettorale con i soldi del contribuente. Della salute del quale, allo “Stato canaglia”, non potrebbe fregare di meno. La Coca Cola è, se mai, una bevanda che i giovani consumano al posto di un alcolico, che farebbe loro più male. Che si ricordi, solo una misura di ordine pubblico che riguardava un consumo privato ha avuto chiaramente un contenuto etico ed è stato il proibizionismo negli Stati Uniti nella prima metà del secolo scorso: il divieto di vendere e consumare bevande al- coliche era un riflesso puritano. Lo Stato - che ci aveva, anzi, impiegato ingenti risorse in uomini e denaro - non ci guadagnava, mentre sulla vendita e il consumo clandestino la criminalità organizzata ci campava e la corruzione politica si era diffusa a macchia d’olio, a riprova della eterogenesi dei lii di ogni tentativo utopistico di migliorare gli uomini con la legge. U proibizionismo, infine, era stato abbandonato proprio perché insostenibile se non a costi elevati, così come ora la tassazione sulle bevande alcoliche dovrebbe apparire insostenibile a una classe politica che avesse ancora un minimo di decenza morale.

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