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Corriere Della Sera

Visti da lontano … Il G9 degli chef contro l’obesità … Il G9, riunito a Lima, promuove la ricerca della felicità. Sul palcoscenico, davanti a cinquemila bambini, non ci sono, però, capi di governo occidentali desiderosi di innescare un ciclo economico sostenibile e sganciato dall’obbligo della crescita del Pil. Il G9 è quello degli “chef”: nove dei più celebri cuochi del mondo - da Ferran Adrià all’americano Dan Barber al nostro Massimo Bottura - che provano a disegnare un futuro nel quale la grande cucina si impegna nel sociale, promuove un’economia sostenibile, educa la gente a usare ingredienti e metodi di cottura più sani, difende la biodiversità. Il Nouvel Observateur applaude mentre il Guardian ironizza sul buonismo dei “cuochi dei ricchi” i cui pasti producono un footprint ambientale grosso come una zampa d’elefante. Ma è un fatto che l’alta cucina comincia a pesare nel dibattito sulle abitudini alimentari della gente. Vale di certo per gli Usa, invasi dai fastfood e devastati dalle epidemie di obesità e diabete. Un Paese nel quale quasi nessuno cucina, mentre metà della spesa nazionale per il cibo è assorbita da un’industria della ristorazione le cui armi preferite per competere sono le megaporzioni o dosi extra di grasso, sale e zucchero. Jamie Oliver è ormai celebre, oltre che per la cucina, per la sua Food Revolution: blitz, trasformati dallo chef inglese in
serie televisive, condotti nelle scuole di mezza America, per denunciare il disastro delle mense e spingere le autorità a eliminare dai menù i cibi più nocivi. Molti altri, forse appaga-
ti dai successi tra i fornelli, hanno iniziato incursioni nel sociale - Barack Obama ha portato
Dan Barber nel Consiglio per la salute e la nutrizione del governo federale - o, addirittura,
nell’accademia, come Ferran Adrià ad Harvard. Lo straordinario concerto di Andrea Bocelli a Central Park, sponsorizzato dalla Barilla, è un altro esempio di come gli chef e un’azienda che punta sulla qualità possono mettere insieme marketing e promozione della cultura alimentare. Il gruppo italiano, che ormai realizza gran parte del suo fatturato all’estero e ha due grossi stabilimenti negli Usa, sta da tempo fornendo pasta e know how culinario alle mense scolastiche di molti Stati, dalla California al Colorado, dal Texas a New York. E a Manhattan, nei giorni scorsi, ha cominciato a dare lezioni di cucina in città e sotto la grande tenda eretta dentro Central Park, organizzando anche gare ai fornelli per tutti i visitatori. Da Lima è arrivato Bottura coi suoi piatti sopraffini, ma anche con l’ambizione di educare la gente a coniugare gusto e leggerezza degli ingredienti. Concetto forse ovvio in Italia, ma acqua nel deserto in un Paese nel quale il New York Times è costretto a invocare in un editoriale il ritorno all’insegnamento dell’economia domestica nelle scuole: imparare a cucinare per non scivolare nell’obesità.

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