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Corriere Della Sera

“Imparate a recitare il vino e conquisterete il mondo” ... Il re dei rossi, le figlie, Cavour e i piccoli “Ecco i miei sogni, non farò il pensionato” ... Angelo Gaja, lo scopritore della potenza del Barbaresco. “La crisi non ci farà affondare” ... Non voglio andare in pensione, non sarò rottamato”. Angelo Gaja, langarolo irriducibile. Cita Einaudi e Cavour, evoca Pavese. L’avevamo visto sul set dei “Vignaioli storici”, le 50 (e poi io ancora) famiglie del vino italiano sotto il mantello anarchico di Luigi Veronelli. Era il 1985. Gaja posava per quel libro-catalogo con il bianco e nero di Serge Libiszewsld: giacca etnica, sguardo in bilico, serenamente sulle spine, di uno che vuole subito tornare in vigna. Aveva 45 anni, era già Gaja il grande, lo scopritore della potenza del Barbaresco. Ora ne ha 71. Lo sguardo è sempre quello, la giacca è seria, nera. Per vezzo si definisce ancora un contadino, anche a pranzo con Giancarlo Aneri (Prosecco e Amarone) al Four Season di Milano, dove spiega al maitre il piacere di sbucciare mandarini con le mani “come la gente di campagna”. Non parla delle sue bottiglie né delle sue aziende, dei 100 ettari Barbaresco, dei 110 a Bolgheri, dei 7 a Montalcino. Nella sua veste di guru enoico, ha un chiodo fisso: l’export del vino italiano.
La crisi. “Non ci farà affondare - dice sicuro Gaia -. Noi diventeremo più europei, con un mercato di 6oo milioni di abitanti a disposizione per i nostri vini, in Paesi in cui è semplice esportare”. Nuovi mercati da conquistare, quindi. Come? “Quando sento dire che per il vino italiano bisogna fare sistema’ o “creare una cabina di regia” penso che c’è chi vuole creare servizi solo per venderli. Nel 1982 negli Stati Uniti si trovava un Lambrusco che nessuno qui avrebbe bevuto, nei bottiglioni, a milioni. Ora le 0cm, le regole per il mercato comune, hanno tolto i contributi per le eccedenze, e così sono sparite le scorte spesso usate come una manna. Inizia una stagione nuova, per aumentare la qualità, I ristoranti sono un veicolo eccezionale. Dovremmo aprire scuole per chef di cucina italiana in Cina, India, Russia, non bastano quelle che ci sono qui”. “I ristoranti che ora propongono io vini italiani possono arrivare a 100. Sul rapporto qualità-prezzo battiamo tutti, anche i
francesi”, aggiunge Aneri. La chiave del futuro, secondo Gaja, sono i piccoli. “Noi produciamo 40-50 milioni di ettolitri, la nostra forza nostra sono i produttori artigianali”. Definizione di artigiano del vi- no: “Gli artigiani devono avere quattro caratteristiche, anche non tutte assieme. Uve proprie, dimensione limitata, gestione familiare, lavoro familiare a tempo pieno. Su 35 mila produttori italiani, 28 mila sono artigiani”. Ma chi ha un ettaro e mezzo di vigne come fa a partire alla conquista dei mercati? “Diventino attori”, suggerisce Gaja. “Devono attrarre e intrattenere turisti, raccontare la loro terra, Fenoglio e Pavese, tagliando una fetta di salame. Spiegare la storia dei loro avi, affascinare. Lo si può fare anche solo con 8.000 bottiglie prodotte l’anno”.
Quando Veronelli, negli anni 60, creò il catalogo Bolaffi dei vini, racconta Gaja, arrivavano da tutto il mondo con quel librone chiedendo le etichette che “Gino” aveva pubblicato. “Poi è stato il momento delle guide, con l’invenzione del critico Robert Parker (“The Wine Advocate”) di classificare le bottiglie su scala centesimale, così che tutti potessero capire, non le astruse definizioni di odori e sentori, ma voti precisi. Qui non funziona, siamo 60 milioni di degustatori, come 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale. Ma il mondo nuovo sono i blogger, il nuovo passaparola su Internet”. Parla e parla Gaja, del vino “che è la più grande bevanda culturale del mondo, con una piramide di prezzo senza uguali. Da pochi euro a io mila. Un motore di socialità, condivisione del piacere”. E domani? “Ci sono le figlie. Gaia ha 32 anni, Rossana 30. Io, a 71, ho la vita alle spalle, ma non voglio fare il pensionato. In questo anni ho pensato ad essere d’esempio peri figli, a educarli a coltivare le passioni e a realizzare le idee”. E ricomincia a sbucciare mandarini.

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