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Corriere Della Sera

Passaporto per Inglenook la supercantina di Coppola ... In California i vini del regista (con dedica a Giulio Cesare) ... Un tappeto rosso, decine di metri. Una scalinata di legno già vista in mille film, le foto di famiglia, il nonno compositore napoletano, la figlia regista che si è sposata in un paesino della Basilicata l’estate scorsa. Una piscina-fontana, auto d’epoca. E due ragazze che ti porgono un passaporto, verde come le vigne che circondano un palazzo con linee tedesche e citazioni della campagna francese. Costa da 45 dollari e vale l’assaggio dei vini e un tour nella cantina più hollywoodiana del mondo, Inglenook, a Rutheford, nella Napa Valley, California. Il mondo ultraterreno e marziano di Francis Ford Coppola. Il regista si aggira, talvolta, tra i turisti del vino, barba ormai candida e abiti colorati. E scherza, felice come se Inglenook fosse il solo paradiso in cui vale la pena di abitare. “Non so nulla di come si fa il vino, ma nemmeno di come si fa un film. Magari è un vantaggio”, può capitare di sentirgli dire. A piccoli gruppi ci si può aggirare tra castello, vigne, cantina, sala degustazione, un museo, un bistro e una collezione di lanterne magiche. Sei differenti tipi di tours guidati, da 45 a 95 dollari a testa.
Ci hanno provato in tanti: Antonio Banderas coni vini della Bodega Anta, Sting in Toscana nella Tenuta 11 Palagio e persino, due mesi fa, i metallari Motorhead, con un Shiraz autraliano. Spesso è solo questione d’immagine, non di qualità e passione. Coppola invece dedica alla sua cantina la stessa irruente energia con cui produce i film, la stessa forza di mettersi in gioco con il rischio di fallire (come accadde nel 1982) o salire sul podio. Quando nel 1977 il set di “Apocalipse now” venne spazzato via da un tifone e i produttori chiusero i rubinetti del denaro, Coppola perse 30 chili e tentò il suicidio. I soldi guadagnati con “Il Padrino” erano stati investiti nella cantina della Napa. Che a quel punto rischiò di essere venduta per coprire i debiti accumulati girando “Apocalypse now”. Coppola riuscì a finire il film senza disfarsi di Inglenook. Vinse la Palma d’oro e due Oscar. Poi fece centro altre due volte al botteghino, “Padrino III” e “Dracula”. E i soldi si trasformarono in nuovi terreni. Ora vini e cibi firmati Coppola sono un impero: un’altra grande cantina a Sonoma Valley, con piscina e campo di bocce. Poi una linea di pasta all’italiana Mammarella, ristoranti, bar come il Zoetrope, quasi un bistrot a San Francisco. “Come ha potuto un ragazzo come me, uno del Queens - si è stupito nella sua ultima intervista alla rivista Decanter - a ritrovarsi proprietario della più grande cantina d’America”. E intanto, instancabile, a 72 anni, gira l’America, cinque giorni-otto città, con il suo jet a presentare i suoi vini. La storia di Inglenook inizia nel i88o con il capitano di mare Gustave Niebaum che investe la fortuna accumulata con il commercio di pellicce dall’Alaska. Produce vini in stile francese tra i migliori d’America. Dopo il proibizionismo, il nipote John Daniel riprende, fino alla crisi e a una girandola di passaggi di proprietà, interrotti nel 1975 dall’arrivo di Coppola. Il regista comincia fare il vino pigiando l’uva nel tino con i piedi. Ma è solo un divertimento familiare. Assolda i migliori enotecnici del mondo, come André Tchelistcheff e Scott McLeod, in 25 anni compra tutti i terreni che nell’Ottocento appartenevano all’azienda. Nel 1978 arriva il Rubicon, nome scelto pensando al punto di non ritorno evocato da Giulio Cesare. 11 Rubicon, Cabernet Sauvignon (con un tocco di Petit Verdot) geneticamente simile a quello del capitano Niebaum, è ancora il vino-bandiera. 22 mesi in barriques, 14,8 gradi, 175 dollari a bottiglia. Fascia alta come l’RC Reserve Syrah: i6 mesi in botticelle francesi e americane, 14,5 gradi, 70 dollari; e l’Edizione Pennino, un Zinfadel tributo al nonno Francesco, con il golfo di Napoli nell’etichetta, 45 dollari, 15 mesi di affinamento, 14,5 gradi. La scorsa primavera “il sogno che diventa realtà”, uno scippo ai francesi. A Inglenook è arrivato Philippe Bascaules, guru del vino di Chateau Margaux, l’azienda che produce il Bordeaux più caro del mondo. E adesso l’idea, dice Coppola, “è tornare allo stile Anni 50 di Inglenook, tasso alcolico più basso, maggiore freschezza, meno tannini, meno legno”.

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