02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

“Lo Champagne-sinfonia e il regno per Alice” ... Bruno Paillard porta a Milano le quattro (rare) bottiglie che raccontano la sua storia ... Bruno Paillard è uno spilungone che porta a spasso con classe il suo doppiopetto blu con nastrino rosso all’occhiello. Qualche giorno fa era a Milano, al Caffè Trussardi, dove ha stappato le quattro bottiglie che raccontano la sua carriera di creatore di champagne. Sembrava, Paillard, solo un genio del vino. Ma dopo quasi due ore di conversazione a ruota libera sulla famiglia, sulla musica classica, sulla Venezia autentica - e ovviamente sui grandi vini - il sorprendente produttore di Reims, cuore della Champagne, è apparso sotto un’altra luce. Quella di un architetto di profumi e sapori, che realizza opere “precise, ordinate, dove non c’è spazio per le coincidenze, cercando ciò che è durevole e non il transitorio” (come il Mario Botta descritto in “Poetica dell’architettura”, Irena Sakellaridou, Rizzoli). Aveva solo 27 anni e lavorava come commerciante di uve quando nel 1981 investì i pochi soldi ricavati dalla vendita della sua vecchia Jaguar per comprare una partita di vino e affittare una cantina. Un decennio dopo era già pronto a costruire un palazzo orizzontale di legno e acciaio, pieno di opere d’arte, le stesse raffigurate in alcune sue etichette. Intorno a lui c’erano maison secolari, ma è riuscito ugualmente, da ultimo arrivato, a diventare un nome di culto per gli amanti dello champagne. Fino a essere eletto a capo della commissione che difende l’immagine del vino più famoso del mondo. Finita la scalata, ora che è sul podio, per il produttore è il momento di pensare al futuro oltre se stesso. E il futuro si chiama Alice, la figlia trentenne che guiderà la maison Bruno Paillard quando lui si ritirerà. “Alice - racconta il padre - è nata l’anno dopo l’apertura dell’azienda. È stata la quarta dopo Virginie, laureata in Filosofia, Marie Caroline,mamma di 4 figli, e Aymeric, esperto di viticoltura. A 5 anni le ho insegnato a osservare, descrivere e infine assaggiare il vino (solo qualche goccia), facciamo così con tutti i bambini di casa, ogni sabato. Alice ha studiato Economia alla Paris-Dauphine, poi l’Erasmus alla Ca’ Foscari di Venezia, la scuola di enologia in Francia, il lavoro a Londra alla Rémy Martin e a New York in una società di marketing nel settore alimentare”. Fino a quando, dagli Stati Uniti, ha telefonato a casa. “C’è un posto per me in azienda?”. Paillard stava aspettando quella telefonata da anni. “Mi chiese di restare 6 mesi in vigna e 6 mesi in cantina. Le abbiamo insegnato a potare le viti. Ha capito tutto della maison fin dall’inizio. Ora gira il mondo seguendo il nostro champagne. Ha la passione e le competenze per proseguire la nostra storia”. Da nove anni Paillard sta pagando la tassa di successione in modo che l’azienda resti al cento per cento nelle mani della famiglia. “E Alice la guiderà. È la più piccola tra i figli, gli altri la proteggono, non ci sono gelosie”. Osservando il Teatro alla Scala, Paillard si lascia andare a similitudini musicali. “Un grande champagne è come una sinfonia. Ha bisogno di un compositore, di un direttore d’orchestra, dei musicisti e dei loro strumenti e di una sala. Tradotto: nel nostro caso la sala è il clima, che per noi ha una influenza decisiva. I musicisti, gli archi e gli ottoni, sono le uve, i cm e i vini delle riserve. Quello che scrive Io spartito, ovvero decide come far nascere i nostri champagne, sono io. E sempre io eseguo lo spartito, perché sono il “naso” della maison”. Precisione e creatività. “Lo champagne - secondo Paillard - è il vino più concettuale al mondo,,è costruito, comincia nella testa. E li frutto di una elaborazione, per questo, salvo qualche eccezione, sull’etichetta c’è sempre il nome di una persona, da Dorn Perignon a Krug”. Sei i vini di Paillard (importati da Luca Cuzziol), che produce 500 mila bottiglie l’anno coltivando 32 ettari. Tre non millesimati (ovvero assemblati da diverse annate): Brut, Blanc de Blancs e Rosé. E tre millesimati: Brut, Blanc de Blancs e la rara selezione N.p.u. Significa Nec plus ultra, non più avanti, la scritta mitologica di Ercole sulle colonne al termine del mondo. Chardonnay e Pinot noir solo da Grand cm, passaggio in barriques e poi lungo affinamento, fino a io anni. Sul mercato solo annate eccellenti: 1990, 1995, 1996 e l’ultima, che sarà in vendita tra un paio di mesi (anche in versione magnum), 1999. Le quattro annate sono state portate a Milano, per una degustazione comparata. “È un vino raro- illustra Paillard -, ha la profondità delle uve molto mature e una estrema complessità. E come un estratto. Tredici annidi lavoro, al massimo i mila bottiglie, quasi una follia sostenuta dalla tecnologia”. E fa il gesto di intingere il dito nel bicchiere, Rortandolo dietro al lobo destro. “È come un profumo per le donne”, scherza. “Se lasci il bicchiere vuoto sul tavolo dopo una serata, al mattino ritrovi gli stessi profumi”. Il suo slogan aziendale è “risquer l’émerveillement”. Uno così, che rischia per meravigliarsi e far meravigliare, fa tornare alla mente la Virginia Woolf bevitrice di champagne: “Non posso fare a meno di trasalire: eccoli, i profumi, la luce, il caldo, tutti distillati in un liquido giallo, infuocato... E l’estasi, la liberazione”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su