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Corriere Della Sera

Conta la quantità di etanolo, non il tipo di bevanda alcolica ... Le scelte peggiori sono i brindisi fuori dai pasti e le grandi sbornie, anche se occasionali . No assoluto al vino in gravidanza ... Sgombriamo il campo dagli equivoci : “Gli effetti del vino, nel bene e nel male, dipendono dall’etanolo e non da altri ingredienti. Attribuire presunte virtù del vino al resveratrolo, che peraltro si trova in quantità ben maggiori altrove, è insensato così come dire che il vino rosso è meglio del bianco. Vino, birra,superalcolici agiscono tutti allo stesso modo”. Il nutrizionista Andrea Ghiselli, ricercatore del Centro Ricerche in Agricoltura, è netto: “In Italia si parla di vino perché fa parte delle nostre tradizioni, ma per gli effetti sulla salute ciò che conta è l’alcol e poco altro. Certo, esistono differenze: il vino, e in parte la birra, vengono considerati “alimenti” con cui si accompagna un pasto, per cui già in partenza l’atteggiamento è in genere di maggior moderazione - continua Ghiselli -. Il consumo di vino, rispetto a quello di birra, si associa di solito a un ceto sociale più elevato: ciò però non significa che il vino sia “meglio”, ma solo che chi lo preferisce è in media più attento alla salute. I superalcolici, infine, provocano lesioni maggiori alla bocca e all’esofago, perché in poco liquido si concentra molto alcol e ciò può danneggiare i tessuti durante il passaggio verso lo stomaco. Fatte salve queste distinzioni, però, conta la dose di etanolo”.
Uno studio pubblicato sulla rivista BMJ Open, tuttavia, sottolinea che gli effetti dipendono anche da come, quando e chi beve: l’alcol fuori dai pasti viene assorbito più velocemente e quindi “dà alla testa” con maggior facilità; bere molto tutto insieme è più pericoloso di un consumo minimo ma costante. E poi, soprattutto, c’è molta differenza se a bere un bicchiere di vino è un adulto, un ragazzino o un anziano. Fra gli over 65, ad esempio, il consumo di alcolici è leggermente in crescita stando agli ultimi dati ISTAT, ma gli anziani dovrebbero andarci piano: il loro fegato è meno capace di smaltire l’alcol e sono più probabili interazioni con i farmaci. “In alcune condizioni poi il livello accettabile di alcol dovrebbe essere pari a zero” osserva Andrea Poli, direttore della Nutrition Foundation of Italy. “Non dovrebbero bere infatti le donne durante gravidanza e allattamento e i minori di 18 anni”. L’invito è stato accolto nei giorni scorsi anche in un emendamento al decreto Sanità, che stabilisce il divieto di vendere alcolici ai minorenni. “Non deve bere chiunque debba guidare o utilizzare macchinari rischiosi. La fase più pericolosa non è infatti l’ubriachezza manifesta: basta poco alcol per avere una riduzione delle capacità visive e dei riflessi, che può mettere a repentaglio la sicurezza propria e altrui - aggiunge Ghiselli -. Anche assumere farmaci o essere sovrappeso sono condizioni in cui gli alcolici andrebbero sconsigliati, per le possibili interazioni e per le calorie che apportano. Di fatto quindi sono poche le persone che potrebbero davvero permettersi di bere”. “La convinzione purtroppo radicata ma più pericolosa - continua Ghiselli - è che un bicchierino di vino in gravidanza non faccia male. L’alcol si distribuisce subito nel liquido amniotico: è come mettere sotto spirito il feto, con conseguenze che possono essere molto negative per il suo sviluppo cerebrale”. Altra categoria a rischio, i giovanissimi: nel nostro Paese 2 under 15 su 5 hanno già assaggiato un bicchiere di vino perché spesso il primo oste è un genitore, che portando in tavola la bottiglia non disdegna di darne un sorso ai figli. “La nostra cultura è permeata dall’idea che il vino sia un prodotto sacro della terra - interviene Enrico Baraldi, medico e autore assieme ad Alessandro Sbarbada dei libri “Vino e bufale” e “La casta del vino” -. Bisognerebbe aumentare l’informazione, spiegare che gli incidenti sul lavoro o in auto sono spesso legati al bere, che l’alcol è cancerogeno. In Francia sulle bottiglie di alcolici c’è il simbolo che indica il divieto di consumo alle donne incinte, da noi no, perché?”. Va detto che le abitudini degli italiani sono per fortuna cambiate negli ultimi 30-40 anni, come spiega l’epidemiologo Carlo La Vecchia: “L’Italia fino agli anni ’70 era fra i Paesi europei dove si beveva di più, oggi è fra i più “moderati”. È successo dopo lo scandalo del vino al metanolo, ma anche per il cambiamento degli stili di vita: oggi nessuno o quasi può permettersi di bere a pranzo, così si beve meno, scegliendo prodotti di miglior qualità”. Non sembra quindi necessario buttarsi sul proibizionismo, anche perché la storia insegna che spesso ottiene l’effetto opposto a quello desiderato. “La strategia giusta è la corretta informazione: non esaltare troppo i presunti benefici né tacere i rischi connessi al bere, per quanto con moderazione. Io stesso non sono astemio: bevo poco vino ma lo scelgo molto buono, perché credo valga la pena “spendere” un po’ della mia salute solo se in cambio ho un grande piacere. Dopo, però, non guido mai” conclude Baraldi.

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