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Corriere Della Sera

Il manager che riporta i giovani in cantina ... Per uno di quei capricci pirandelliani del caso, un super manager italiano dirige ora una cantina sociale di piccoli contadini e la vuole trasformare in una grande azienda europea. Come in una novella dello scrittore di “Uno, nessuno e centomila” un imprevedibile evento cambia un destino. Il protagonista è Vito Varvaro, carriera trentennale nel colosso Procter & Gamble(detersivi, cosmesi, profumi e molto altro, 140 mila dipendenti nel mondo), partito come addetto al marketing e diventato presidente e amministratore delegato della divisione italiana. La cantina sociale si chiama Settesoli ed è una delle più grandi d’Europa, 24 milioni di bottiglie, 6.000 ettari di vigneto gestito da 2.000 soci e un fatturato che supera i 50 milioni di euro. Il paese di Menfi, a poca distanza da Agrigento, sul “mare africano” descritto dalla scrittore che vinse il Nobel, vive attorno e con la cantina, che dà lavoro a 3 su 4 delle cinquemila famiglie del posto. Ora, sulla scia di Varvaro, sta iniziando un fenomeno nuovo: il ritorno a casa di giovani professionisti che erano stati costretti ad emigrare per il lavoro. Una ragazza che a Milano era stata assunta da Prada, un ragazzo che era stato assoldato in Toscana da Villa Banfi, e altri ancora. “Qui sta cambiando tutto - dice Varvaro - dalla gestione padronale siamo passati alla meritocrazia. In dieci anni questa diventerà una cantina da 100 milioni di bottiglie, i contadini saranno pagati di più, una nuova classe di giovani vignaioli e amministratori emergerà”.
La scheggia di destino pirandelliano che ha cambiato la vita di Varvaro e che sta cambiando Menfi è un articolo dello statuto di Settesoli, che obbliga ad affidare la presidenza ad uno dei contadini soci. “Io ero socio quasi per caso dal 1974 - racconta il manager - perché mio padre è stato uno dei fondatori di Settesoli, ora che ha 88 anni continua ad occuparsi del vigneto”. Così quando il presidentissimo Diego Planeta, un patriarca del vino siciliano, decise di “fare un passo di lato” e abbandonare il vertice di Settesoli dopo quattro decenni, il suo pensiero va al ragazzo che aveva visto crescere girando il mondo per la multinazionale americana. “Ho deciso un ritorno di cuore - ricorda Varvano - questa è una azienda in cui il peso della politica è rimasto lontano, si può quindi progettare un futuro senza vincoli, con un gruppo di manager siciliani che tolgano di torno al paese l’atteggiamento di supina attesa di qualche fondo europeo”. L’intuizione di Planeta che si liberò dal gioco degli acquirenti francesi di vino sfuso e fece imbottigliare il vino, ha dato negli ultimi 20 anni risultati importanti. Accanto alla linea di vini Settesoli anche con l’etichetta Seligo (dal grecanico al nero d’Avola) c’è Mandrarossa per enoteche e ristoranti (con i premiati chardonnay e Chartagho, un nero d’Avola in purezza). “Ora la neonata Doc Sicilia - secondo il neopresidente - può essere un nuovo trampolino di lancio per l’export, su cui dobbiamo investire nuove risorse”.
I 2.000 viticoltori di Settesoli ricavano dalle loro vigne circa un terzo dei loro colleghi lombardi, 4.000 euro l’anno per ettaro. “Ma i prezzi stanno salendo”, assicura Varvano, che si dice intenzionato a far incrementare i guadagni dei contadini, anche coinvolgendo i figli in una rete di agriturismi e piccoli ristoranti che potrebbe portare nuovi turisti in questa zona della Sicilia.
“Sono appena tornato da un viaggio negli Stati Uniti - spiega Varvano - ci sono enormi opportunità per i nostri vini, l’ho capito dall’interesse che ci hanno dimostrato gli americani ascoltando la nostra storia di piccoli viticoltori di un grande vigneto”. La visione del manager può diventare un volano per Menfi. A patto che i protagonisti continuino ad essere, nelle vigne e nelle campagne, i contadini con il loro cuore e le loro fatiche, in quei luoghi dove, come si legge ne “L’involontario soggiorno sulla terra”, Pirandello cadde in “una notte di giugno come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano d’argille azzurre sul mare africano”.

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