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Corriere Della Sera

Un ombrellino per ogni grappolo, così nasce il giapponese Doc ... Il vento soffia freddo, i contadini fasciano le viti e portano al riparo gli ultimi grappoli raccolti mentre le ombre del monte Asahi (2.290 metri) si allungano sui pendii. In questa singolare vigna giapponese è appena terminata la prima vendemmia italiana del Sol Levante. Un esperimento, un’avventura affascinante che ha portato a 10 mila chilometri da casa un figlio di viticultori umbri, ora enologo famoso: Riccardo Cotarella. Che ti- vela la lucida follia della sua ultima sfida. Otto ettari di vite, 35 mila bottiglie previste in 2 zone di produzione: tra la fredda Hokkaido - mille chilometri a nord di Tokyo - e soleggiati vigneti di Kastunuma-Kofu, prefettura di Yamanaschi, i20 chilometri a ovest di Tokio. E una vendemmia singolare, in ufl’epoca in cui perfino Thailandia e Birmania si esercitano a fare vino di qualità: con discreti risultati la prima, grazie a Siam Winery che vinifica uno Shiraz premiato a Bordeaux; con qualche difficoltà la seconda, che sul lago Inle tenta senza successo la via degli ice wine. “E nato tutto un po’ per caso”, spiega Cotarella, winemaker consulente di 72 aziende in Italia e in tutto il mondo ed egli stesso produttore - con il fratello Renzo - nelle vigne della Falesco, ai confini tra Lazio ed Umbria. “Due anni fa mi contattarono dalla Overseas, una delle più importanti compagnie di importazione di cibi e vini italiani in Giappone, proprietaria di 320 enoteche e supermercati”. Fu il presidente, Nobuo Oda, a volere l’enologo umbro come consulente di un ambizioso progetto: dopo anni dedicati ai vini italiani sul mercato nipponico, sognava di produrre in proprio. “Le prime vigne sono quelle antiche, circa 15 anni, le altre verranno messe a dimora a marzo 2014”, grazie all’aiuto dei tecnici della prefettura e dall’enologo NicolaTantini, uno degli 8 giovani, fidati assistenti di Cotarella. Ora, dopo due stagioni, i frutti sono finalmente adatti a vinificare. Chi abbia avuto la fortuna di visitare la mostra di Fosco Maraini “I giorni dell’undicesima valle”, sa che quella di Hokkaido è terra aspra, estrema per le condizioni climatiche. Le vigne curate da Cotarella sono a Yoichi, non lontano da Sapporo. Intorno, riso, soia, barbabietole. “Come clima, siamo ai limiti per la coltivazione della vite: sia per le basse temperature (sino a -20 gradi), sia per le forti nevicate invernali (fino a 150 cm)”, spiega Cotarella, che è docente di Enologia e Viticoltura all’Università della Tuscia. Per proteggere le vigne, si usa una tecnica particolare: “A fine vendemmia, ogni vite viene separata dal tutore (ndr. pali di legno o cavi), in modo che - sdraiata a terra - possa essere coperta dalla neve che la riparerà dalle gelate invernali”. A primavera verrà rialzata. Non sarà necessaria tanta fatica, invece, nelle vigne di Kastunuma Kofu: “Qui il clima è sub tropicale - spiega Cotarella -, quindi meno ostile alla vite”. Ma le forti precipitazioni pongono un altro problema: “La pioggia è troppo battente”, spiegano gli enologi giapponesi Inamura e Masatoschi. Così, per proteggere gli acini, i grappoli vengono coperti uno ad uno da una sorta di ombrellini impermeabili. Due territori ben distinti per due uve autoctone: il Koshu e il Baily-a. Ne nasceranno un bianco minerale e fruttato e un rosso elegante. Ma non è detto che, in futuro, non si vinifichi anche lo spumante italiano del Sol Levante. Metodo classico, naturalmente.

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