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Corriere Della Sera

Dalle tazzine alle barriques Le vigne bonsai di Illy ... Il rosso di Francesco, creativo di famiglia... Il podere biodinamico a Montalcino... “Il bonsai non è il risultato: quello verrà dopo. L’importante è il piacere di quello che si sta facendo adesso”. Parola di John Yoshio Naka, il botanico ammirato dall’imperatore Hirohito che ha fatto conoscere il bonsai in America dagli anni 50. Lo pensa anche Francesco llly, 6o anni, chioma bianca raccolta in un codino. E’ il creativo della famiglia del caffè Tanto sorprendente quanto i fratelli Andrea e Riccardo (l’uno presidente del gruppo, l’altro ex governatore del Friuli Venezia Giulia) sono misurati. Francesco, fotografo, inventore e da qualche anno vignaiolo, ha creato a Montalcino il vigneto bonsai con Sangiovese e Syrah. Piante basse e densità unica al mondo: una addosso dell’altra, a 40 centimetri di distanza, in fazzoletti di terra di 16 metri quadrati: 62.500 viti ad ettaro, un’enormità. Trenta volte di più dei poderi intorno a lui. La llly-teoria: nel vigneto bonsai ordinato ma fitto come una mini foresta, le radici sono costrette a scendere in profondità, fino a 3 metri e mezzo. Così si nutrono di elementi introvabili in superficie e non soffrono mai la siccità. Il vino? Francesco llly ha portato il Sangiovese Bonsai, un Rosso di Montalcino doc, la settimana scorsa a Milano. Vino che sembra diretto e semplice, in realtà complesso. Se ne produce poco, 200-300 bottiglie l’anno. Ha un costo elevato, 200 euro, “dovuto alla tecnica con cui viene prodotto”, spiega llly. L’azienda si chiama Podere Le Ripi, 12 ettari, uno riservato al Brunello. Biodinamica totale, a differenza dell’ultimo acquisto di famiglia, la cantina Mastrojanni, sempre a Montalcino, di cui si occupa Riccardo llly. “Fino al 1998 - racconta il vignaiolo - qui c’era solo un allevamento di pecore. All’epoca mi occupavo dell’immagine di ffly, creando la serie di tazzine d’autore che mi hanno permesso di conoscere molti artisti straordinari. Uno di loro, Sandro Chia, mi mostrò questa terra. Da allora questa è la mia casa”. “Ho piantato subito i vigneti, in modo tradizionale. Pensavo - ricostruisce Francesco Illy - di vendere le uve, e lasciare ad altri la fatica di fare il vino. Poi mi sono appassionato e ho studiato: all’università di Firenze mi dicevano che le radici delle viti non scendono oltre i 50 centimetri di profondità. Nel 2005 ho iniziato gli esperimenti e ho scoperto che non è vero: le mie prime mille piante sono scese molto di più, 3,5 metri, e si sono fermate solo perché hanno trovato uno strato di argilla blu pieno di sale”. Niente fertilizzanti, potatura estrema. Il primo risultato: le viti non si ammalano. Il secondo: “l’uva è perfetta, i chicchi sembrano ribes, li scegliamo a mano uno ad uno togliendoli dal grappolo”. Prima annata la 2007 (a Milano è arrivata la 2008). “Il vino era scolorito - ricorda - un disastro, pensavo di aver sbagliato tutto. Poi l’ho messo nella barrique ed è diventato perfetto. Un Rosso di Montalcino ad ampio spettro di profumi”. llly, che continua nella sua cucina a inventare nuove macchine da caffè per bar e case e guida una società svizzera di import, è convinto chefra 20 anni tutto il mondo del vino si convertirà alla biodinamica. “Ci sono stati, all’inizio del fenomeno, vignaioli duri e puri ma con cantine sporche, i loro vini puzzavano. Ora non è più così, decine di importanti aziende francesi, come Romanée Conti, sono biodinamiche”. Otto anni dopo i primi esperimenti, è tempo di bilanci. “Il vigneto bonsai funziona, in fondo è un ritorno al passato, prima della strage delle viti dovuta alla filossera nell’Ottocento già si piantavano decine di migliaia di viti per ettaro. La mia nuova vita nel paradiso di Montalcino è la migliore che abbia mai vissuto”. Immerso nel vigneto bonsai perché, come ha scritto John Yoshio Nalca “non sei tu che lavori su quell’albero, è l’albero che lavora dentro dite”.

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