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Corriere Della Sera

Il vino (e il coraggio) di Elena ingegnere mancato ... Ha cambiato studi ed è rimasta nelle vigne del nonno, in Basilicata. E adesso porta il suo Aglianico nel mondo... Voleva diventare ingegnere genetico, voleva studiare negli Stati Uniti, voleva andarsene. A 18 anni ha intuito che
L’unico modo per difendere sia lei che la sua terra era coltivarla. Così Elena Fucci è diventata vignaiola. Mentre tutti i suoi compagni del liceo scientifico di Melfi lasciavano la Basilicata per emigrare a Bologna o a Roma, Elena è rimasta a Barile, 3.000 abitanti. Ed è diventata una protagonista del “tocco magico” dell’Aglianico, come lo chiama lo scrittore Gaetano Cappelli, che su questo vino ha scritto un romanzo (“Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo”, Marsilio). Una scelta controcorrente che le è valsa il Premio al coraggio della guida del Corriere della Sera “Vignaioli e vini d’Italia”, sui 200 produttori d’eccellenza in Italia, in edicola da oggi (12,90 euro). Gli altri riconoscimenti sono andati a Emidio Pepe (Premio alla carriera) e a Joska Biondlelli (Giovane vignaiolo). Finito il liceo - racconta Elena - pensavamo di vendere i 6 ettari di vigna di famiglia, di cui si è sempre occupato nonno Generoso, 89 anni, ancora energico tra le vigne. Poi ho guardato fuori dalla finestra di casa e ho pensato che sarebbe stata una sofferenza vedere altre persone camminare tra i filari dove sono cresciuta. Insopportabile, avremmo dovuto andarcene dopo la vendita. H0 lasciato perdere ingegneria e sono volata a Pisa, facoltà di Agraria”. Era il 2000. I genitori di Elena, insegnanti (fisica lui, matematica lei), avevano già raccolto informazioni sulle università ad indirizzo vinicolo, sperando nella scelta della figlia, senza mai parlarne, per non influenzarla. Cinque anni tra lezioni con il super enologo Giacomo Tachis e stage in Toscana, Veneto, Bordeaux. Poi a casa a vendemmiare. “Ho iniziato a fare vino al primo anno universitario - ricostruisce Elena - nel Vulture cominciavano a nascere altre aziende. Noi eravamo favoriti, con le vigne ad alberello più vecchie e più alte, sopra i 500 metri. Un patrimonio. Il primo anno solo cento bottiglie”. Il nome del vino, l’unico vino, è stato scelto subito. La contrada si chiama Solagna del Titolo. “Troppo difficile per gli stranieri, meglio limitarsi a Titolo”. Dal 2004 si fa sul serio. Ventimila bottiglie, fascia alta, in enoteca a 30 curo l’una. Il nonno, che ancora guida il trattore, sembra vivere una seconda vita. L’azienda è piccola, sta crescendo. Una nuova cantina, al posto di quella ricavata nel deposito attrezzi della vecchia casa padronale settecentesca. E una rete di distributori che portano 8 bottiglie su 10 all’estero, soprattutto in Stati Uniti, Canada, Francia e Svizzera. “Quando ho capito di avercela fatta? I premi sono arrivati e adesso giro il mondo a vendere il mio vino - dice Elena - ma non mi fermo. Ce l’avrò fatta quando avrò l’età di nonno Generoso e i miei nipoti diventeranno vignaioli come me”. Anche questo è il “tocco magico” dell’Aglianico.

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