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Corriere Della Sera

Il Nebbiolo di montagna diventa verde ... Casimiro Maule ha 64 anni e da più di 40 si dedica in Valtellina al Nebbiolo di montagna che qui si chiama Chiavennasca. Trentino, sesto di otto fratelli, sguardo placido, s’inerpica nella terra “circumdata d’alti terribili monti che fa vini pontentissimi e assai”, come appuntò Leonardo nel Codice Atlantico. Dal 1971 è l’anima (e l’enologo) della Nino Negri, cantina ottocentesca a Chiuro (Sondrio) del Gruppo Italiano Vini. Si batte per far conoscere questo Nebbiolo nervoso che incorpora eleganza dopo un adeguato riposo. È la prova vivente di quanto affermò Antoine de Saint-Exupéry (quello del “Piccolo principe”): “La terra ci fornisce, sul nostro conto, più insegnamenti di tutti i libri. Perché ci oppone resistenza. Misurandosi con l’ostacolo, l’uomo scopre se stesso”. È stata di Maule l’intuizione dello Sfursat Cinque Stelle, lo Sforzato, il rosso che nasce dall’appassimento delle uve per almeno 100 giorni con l’aria che arriva dal lago di Como.“Negli anni ‘80 fece superare il passato, fatto di vino sfuso venduto al 70% in Svizzera, con botti vecchie e scarsa qualità”, dice Maule. Lo Sfursat è stato una esibizione di potenza, per farsi largo nel mercato che chiedeva rossi sfarzosi fino a farli assomigliare dalla California all’Europa. Ora è il momento di replicare la diversità dei territori, l’ora del “giusto e pulito”.
E Maule lancia la seconda svolta: “Un vino buono da bere e da pensare”. Svolta verde, con gli studenti del Politecnico di Milano e della Scuola del Design, che si materializza in un Nebbiolo dal nome Sciur (signore in lombardo). Messi al bando diserbanti e concimi chimici, ridotti i solfiti, snellite le bottiglie per inquinare meno.
Tutto su montagne modellate da enormi gradini. Sono le terrazze che consentono di far crescere le piante. Una viticoltura alpina definita “eroica”, perché pretende gesti manuali, scalate e discese con buone gambe. Un mondo impossibile senza i muretti a secco, ciclopica opera di 2.500 chilometri. Sasso dopo sasso, dal ’400, nei poco meno di 700 ettari di viti doc e docg. Dove mancano i muretti, la montagna è esposta ai danni di clima e incuria.
Sciur servirà a conservare questa anima di pietra della Valtellina. Una parte delle vendite delle 15 mila bottiglie sarà destinata a progetti per salvare i muretti a secco. Gli studenti del Professionale della Valtellina impareranno a costruirli nel vigneto Fracia, 4 ettari, dove nasce il Sciur.
E il vino?
“Ci pensavo dal 1996, quando abbiamo piantato le viti di Fracia. Un tempo un enologo era quasi un farmacista. Tutto è cambiato. Puntiamo su un prodotto sano: il vino lo bevo anch’io, mica voglio avvelenarmi! Sciur rispetta l’ambiente, è leggero, semplice, bevibile. Da dicembre sarà sul mercato l’annata 2012. Credo nel sostegno sociale che questo vino può dare, con il recupero dei muretti a secco”. I 2.500 chilometri della Valtellina che un tempo faceva “vini pontentissimi e assai”.

Luciano Ferraro

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