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Corriere Della Sera

Specogna, i ragazzi del miglior Sauvignon d’Italia ... Per scoprire quanto sia potente il miglior Sauvignon d’Italia bisogna salire su una collina a Corno di Rosazzo, dai fratelli Specogna. E bisogna ringraziare una anziana zia. Sul sentiero verde si stagliano bizzarri origami giganti a forma di bambini bianconeri nel girotondo. Nell’aria l’eco dell’ultimo concerto di Bob Dylan a San Daniele del Friuli, le note e le parole di “Waitin’ for you”: “Non avrei mai immaginato che potesse essere un’estate fatta apposta per me”. È la canzone giusta per Cristian e Michele Specogna, 28 e 34 anni. Questa è la loro grande e inattesa estate: hanno appena vinto il titolo tricolore al Concorso mondiale del Sauvignon, tra 816 vini da 20 nazioni, scrutati e votati da 61 degustatori.
Sulla collina della Rocca Bernarda, Cristian e la sua compagna Violetta (nella foto) raccontano il mezzo secolo di storia della cantina e delle viti che la circondano, formando un anfiteatro che si affaccia verso l’Austria e la Slovenia. Lui è un entusiasta che dopo gli studi ha girato il mondo enologico, dalla Loira alla Nuova Zelanda, sulle strade del Sauvignon. Lei, bruna e minuta, è l’ex cuoca di un’enoteca che ha incontrato Cristian nel locale e lo ha seguito. È stato il nonno Leonardo, nel 1963, ex emigrante in Svizzera, a comprare la parte di collina un tempo dei conti Perusini, proprietari del Castello di Rocca Bernarda, ora dei Cavalieri di Malta. Bestiame, cereali, qualche vigna. Il figlio Graziano, a metà degli anni 70, puntò sul vino.
“Con il grande aiuto - racconta Cristian - di Luigi Veronelli, Giacomo Bologna (all’inizio comprava tutti i nostri vini) e la famiglia Nonino”.
Un cimelio testimonia quegli anni, una bottiglia di Picolit con una rustica etichetta su cui Veronelli scrisse nel 1980: “Graziano, vignaiolo testardo e giovane, capace di ridarmi/ ridarci emozioni”.
Ora gli ettari di vigna sono 18, 120 mila bottiglie l’anno, per metà vendute all’estero: dal Pinot grigio ramato, alla Ribolla gialla, dal Refosco al Pignolo, fino alle bottiglie da collezione con i colori di Silvano Spessot.
Sulla collina spira la bora d’inverno, ma anche d’estate il vento si fa sentire, la temperatura precipita di notte anche di 20 gradi: queste condizioni sono ideali per i bianchi e per tener lontane le malattie dalle piante. Cristina Nonino guarda e sorride: “Se le nostre grappe sono buone è anche grazie alle ottime vinacce della famiglia Specogna, con la quale condividiamo da decenni il lavoro per salvare gli autoctoni friulani, il primo scopo del nostro Premio Nonino”. Gli assaggi: dal 2014 il Friulano (salino), il Pinot ramato (scalpitante), il Sauvignon, i cui acini vengono raccolti in tempi diversi, secondo la maturazione delle parti del grappolo. Sa di menta e basilico, come la straordinaria annata 2004, che ha scordato di invecchiare. Poi arriva un Friulano del 1982, che odora di canditi. Queste vecchie bottiglie arrivano da una cantina scavata per 5 metri nella roccia, nella trattoria di una zia che ha conservato qualche esemplare di ogni annata, a Montefosca, sulle Valli del Natisone. È grazie a questi vini che, come nella canzone che ha aperto il concerto di San Daniele, “Things have changed”, le cose sono cambiate.

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