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Corriere Della Sera

“Signori del Vino”, missione compiuta“Signori del Vino”, missione compiuta ... L’elicottero si alza in volo, parte la musica di “Mission Impossible”, dall’alto si vedono le vigne del Piemonte. A bordo ci sono il direttore del Tg2 Marcello Masi e il suo vice Rocco Tolfa. Hanno in tasca una citazione della loro guida spirituale, Mario Soldati: “Il vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta”.
Il volo dell’elicottero apre l’ultima puntata di “Signori del Vino”. È il programma che ha “sdoganato” il vino in tv per il grande pubblico. Un’operazione che era riuscita solo a Mario Soldati nel 1957 e a Luigi Veronelli nel 1979.
Masi, stazza e ironia, e Tolfa, l’anima letteraria della coppia, hanno girato l’Italia con un fuoristrada. Quella di quest’anno è stata la seconda serie su Raidue (20 puntate in totale). Ogni sabato dalle 18,05 ha fatto sedere davanti alla tv fino a un milione e mezzo di spettatori. Molti per il vino, difficile da raccontare sul piccolo schermo. La Rai ha deciso che l’esperienza continuerà: “Signori del Vino” ci sarà anche il prossimo anno. Finora ogni puntata è stata dedicata a una regione. Dall’anno prossimo il racconto sarà forse centrato sui vini “fratelli” di regioni diverse. “Abbiamo raccontato le radici culturali e contadine dell’Italia — spiega Masi — cercando di rivolgersi anche ai non appassionati della materia. Abbiamo parlato di sapienza, esperienza, tecnologia, umanità, maestria”.La maestria come la racconta Tanizaki Jun’ichirō nel libro dedicato a questa parola (Adelphi): un sapere artigianale fondato sulla tradizione e sul tradimento della tradizione per innovare. Quando tutto è iniziato, l’anno scorso, “la sfida di portare il vino su una televisione generalista sembrava una mezza follia”, raccontano Masi e Tolfa. Invece ce l’abbiamo fatta, ed è stata un’esperienza che ci ha segnato anche umanamente. Avremmo potuto fare di più? Beh, ci proveremo la prossima volta”.
Nella puntata di domani vedremo Mauro Mascarello, autore di Barolo indimenticabili. E lo ascolteremo raccontare la sua terra, la famiglia, lo scontro con il padre, negli anni Sessanta, per separare l’uva da vigneto a vigneto: “Io e le Langhe? Un rapporto di amore, passione, dedizione”. L’enologo Donato Lonati apre il suo laboratorio con il robot “Genesis” nel Monferrato, e “sulle molecole di qualità fatte di conoscenza che permettono di usare meno chimica, meno conservanti”. Dal Tortonese si affacciano Walter Massa e il suo scudiero Pigi. Walter ha salvato dall’oblio il Timorasso: “Era stato abbandonato ma negli anni Ottanta ho deciso di risentire il gusto di quest’uva che mi raccontavano i vecchi. Oggi ci sono 80 ettari, coltivati da una trentina di vignaioli. Produciamo un bianco che migliora in bottiglia, anche per cinque anni. Abbiamo capito che per una grande agricoltura servono tecnologia e voglia di vivere”.
Poi di nuovo Barolo con Roberto Conterno, dalla cui azienda (Giacomo Conterno) nasce il Monfortino, uno dei vini-mito d’Italia. Roberto discorre di mercati e rigore. E dà un consiglio ai giovani vignaioli: “Non mollate, andate avanti, istruitevi, non abbiate paura di crescere”.
Dopo il pranzo (il tormentone è la richiesta al cameriere della carta dei vini) l’elicottero è pronto a decollare. Masi e Tolfa tracciano il bilancio del programma: “Speriamo di aver contribuito a fare un po’ di cultura del vino”. Pensando alla prossima serie e al “vino come la poesia” di Soldati.


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