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Corriere Della Sera

L’eno-strategia di Renzi e la beffa a De Gaulle ... La diplomazia delle bottiglie... Durante il suo ultimo viaggio negli Stati Uniti, Matteo Renzi si è presentato al presidente Obama con una cassetta di abete chiaro. All’interno il bene materiale che rappresenta un’Italia vitale, creativa e con radici profonde: il vino. Rosso e toscano, scelto dalla Fondazione Italiana Sommelier. Uno è il Petra, affinato in una cantina che sembra un’astronave di rame, disegnata da Mario Botta per il milanese Vittorio Moretti, patron anche di Bellavista. L’altro è il Fontalloro, di Fèlsina. La stessa azienda che produce uno dei Vin Santo che Renzi ha donato al Papa nel dicembre 2014. Il vino è diventato per il premier un messaggio positivo. Si fa preparare una cassetta, che spesso contiene anche una bottiglietta di olio extravergine, per ogni leader e ogni grande del mondo che incontra. Le bottiglie sono uno strumento di diplomazia prima ancora che di cortesia istituzionale: attraverso vino (e olio) si trasmette l’immagine di un Paese che produce eccellenze e vuole farle viaggiare nel mondo. Puntando, come disse Obama ricevendo la prima confezione di vini toscani durante la visita di Renzi a Washington 2015, “a stabilire forti legami commerciali dopo gli assaggi”. Renzi scommette sul successo del vino italiano: non mancherà di farlo notare durante la visita al Vinitaly e alla grande cena a cui parteciperà a Villa Allegrini, nell’azienda di Marilisa, Lady Amarone. Quelle cassette di vino diplomatico sono anche un modo per fronteggiare la lobbying francese sul vino. Come negli anni 60, quando a Charles De Gaulle, in visita a Venezia, venne servito un rosso che il presidente elogiò come un grande Bordeaux. Per scoprire poi la beffa: si trattava di un vino del conte veneto Piero Loredan. Che lo chiamò, in onore sia di De Gaulle, sia della supremazia italiana, “Capo di Stato”.

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