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Corriere Della Sera

La carica delle 700 vignaiole “Sempre più imprenditrici” ... uasi trent’anni sulla rotta del vino. Rosa, o rosé per restare in tema. Agli inizi - era il 1988 - un gruppo sparuto (qualche decina), oggi oltre 70o iscritte. E, secondo le cifre diffuse dall’associazione di riferimento, le donne ci sanno fare: le aziende vitivinicole guidate da loro (il 36% del totale) sono in attivo. La prima a credere con forza nelle potenzialità femminili è la presidente in carica de “Le Donne del Vino”, Donatella Cinelli Colombini, nata a Siena, laureata in Lettere. Vignaiola in proprio dal 1998, quando la sua famiglia le affidò due imprese da rimettere in gioco. Una a Montalcino, l’altra a Trequanda (Fattoria del Colle). Sotto la guida di Donatella, oggi in queste cantine lavorano tutte donne. “A dire la verità, la quota rosa cominciò per caso - racconta -. Cercavo un cantiniere e mi rivolsi all’Istituto di Enologia a Siena per scoprire che le uniche persone disponibili erano le ragazze, una decina. Disponibili perché rifiutate. Nessun produttore le voleva in cantina. Un po’ per antica discriminazione, un po’ per l’idea che non erano fisicamente adatte alla mansione. Fu la mia prima sfida. Portai in azienda una cantiniera e, predisponendo qualche accorgimento strutturale, superò brillantemente la prova. Negli anni, la tendenza si è consolidata”. E nel tempo, è cresciuta anche l’Associazione delle “Donne del Vino” (presenti al Vinitaly con il loro stand) non soltanto per il numero, ma per influenza. Il gruppo fa parte dello I.A.W.W. (International women in wine) al quale aderiscono 12 Paesi; di sicuro, le italiane rappresentano il sodalizio più numeroso e importante. Un dettaglio: le donne da sempre lavorano nelle aziende vitivinicole, al fianco di padri, mariti, fratelli. Tuttavia, crescendo la consapevolezza delle capacità imprenditoriali, non sono più gregarie. Anzi. Alcune si sono trovate ad ereditate patrimoni familiari, a gestire imprese vitivinicole. Avanti con piglio, riscuotendo successi. Donatella Cinelli Colombini, in proposito, richiama 1’“effetto Veuve Cliquot”, alludendo all’arcinota etichetta di champagne e a madame Cliquot, rimasta vedova a 27 anni - correva l’anno 1805 -che fu abile condottiera della storica Maison. Su questa scia, cita un paio di “donne del vino” italiane: la vicepresidente dell’Associazione Maria Cristina Vignola, vedova di Giacomo Ascheri, cha ha saputo tenere le redini dell’azienda piemontese. E Marina Cvetic, vedova di Gianni Masciarelli, che con altrettanta tenacia e intraprendenza conduce una delle più importanti realtà vitivinicole di Abruzzo. “A 22 anni ho assunto la direzione commerciale. In azienda ho portato la visione internazionale - dice -. Mio marito era d’accordo. Da quando lui è mancato, sento il peso della maggior responsabilità. Ma sono determinata”. Come da statuto delle Donne del Vino, la presidente ha un mandato triennale. Gli obiettivi di Donatella Cinelli Colombini? “Quello di fondo è ovvio, dare sempre maggiori opportunità alle donne - dice -. In concreto, voglio organizzare corsi di formazione ad hoc. Affinché le donne entrino numerose nei cda. Inoltre, punto all’istituzione di una Festa annuale delle Donne del Vino, in tutte le città, il sabato che precede 1’8 marzo. Dobbiamo confrontarci anche con le consumatrici”. Ma esiste nel vino il tocco “femminile” ? “Premesso che l’essere un vignaiolo fuoriclasse non dipende dal sesso, la risposa è sì. Noi donne produttrici diamo molta importanza all’olfatto, cioè all’aromaticità dei vini; prediligiamo quelli armonici, disdegnando la durezza dell’ultima sensazione trasmessa dalla degustazione”. Chiude con una battuta: “Un uomo di fronte alla scelta di un vino da condividere con una donna si chiede: è abbastanza costoso? La donna invece si chiede: gli piacerà?”.

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