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Corriere Della Sera

“Il vino - diceva Ernest Hemingway - è
uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”.
Ma anche, a guardare i numeri, un discreto affare: da gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale
del settore vinicolo è cresciuto del 9% (moltiplicando di 4,5 volte il suo valore da gennaio
2001), ben al di sopra delle Borse mondiali che
hanno segnato un più modesto progresso del-
l’86%. In Nord America il vino ha reso sette volte
la Borsa nazionale, quasi il doppio in Francia, il
65% in più in Australia e il 35% in Spagna.
Sono questi alcuni dei risultati dell’indagine
Mediobanca sul settore vinicolo italiano e internazionale. Nel 2015 i maggiori produttori italiani hanno segnato una crescita del fatturato
del 4,8%, soprattutto grazie a export (+6,5%) e
spumanti (+10%, che vendono oltre confine il
15,2% in più). E sono proprio gli spumanti a
spiccare tra gli investimenti: già vivaci nel 2015
per tutto il settore (+17,9%), nel caso delle bollicine hanno segnato un balzo del 37,2%, mentre
i non spumanti sono cresciuti del 2,3%.
Ma chi sono in Italia i produttori vinicoli? Il
54,1% del patrimonio netto complessivo delle 136 maggiori società vinicole italiane è riconducibile a un controllo di tipo familiare, dato
che sale al 76,8% se si assimilano anche le cooperative. Al vertice ‘della graduatoria per ricavi
tra i gruppi italiani del vino resta il gruppo Cantine Riunite-Giv con 547 milioni di fatturato nel
2015 (+2,7% dal 2014). Al secondo gradino del
podio rimane Caviro con 300 milioni (-4,4%)
mentre il terzo posto va a Palazzo Antinori, che
balza a 202 milioni (+8,7%) e guadagna una posizione scalzando la divisione vini della Campa ri, sesta con 171 milioni e una flessione del 18,2% che sembra scontare soprattutto la crisi russa e l’embargo. In forte crescita Zonin (+14,3% a 183 milioni) dalla settima alla quarta posizione. A livello regionale invece, Veneto e Toscana sono considerate le regioni più virtuose, con redditività (11,6% e 6,%) e ritorno sugli investimenti
(9,9% e 7,5%) molto elevati, una forte propensione all’export (58,2% e 65,8%) e alta produttività (100mila e 79mila euro per dipendente).

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