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Corriere Della Sera

Dall’Irpinia a Bolgheri, la nuova rete del vino ... “Serve un budget per far sbagliare i figli”. Quando, nel 2009, l’ex presidente della Banca di Roma Pellegrino Capaldo ha consegnato al figlio Antonio le chiavi di Feudi di San Gregorio, in Irpinia, aveva messo in conto qualche scivolone del rampollo. Era convinto che non bastassero master e lavoro nella City, alla banca d’affari Lazard e nel colosso della consulenza McKinsey. Gli effetti speciali del curriculum stellare sono svaniti tra le vigne e Antonio, come un personaggio delle “Canzoni della cupa”, l’ultimo album dell’irpino Vinicio Capossela, “è tornato normale / e sui suoi piedi può camminare … / le botti di vino le può svuotare”.
Ora ha l’aria rilassata di chi non ha più nulla da dimostrare, nè al padre, nè al mercato, nè ai super esperti che ha ingaggiato l’uno dopo l’altro. La sua prova di maturità è la trasformazione della cantina di Sorbo Serpico, in provincia di Avellino, in un gruppo nazionale con basi multiple. “Cresceremo in 4-5 anni da 26 a 40 milioni di euro di ricavi l’anno, con 200 dipendenti e 5 milioni di bottiglie”. Questo è il futuro annunciato.
Il presente ha ritmi legati alla terra, tempi agricoli, come li definisce Capossela, perché “bisogna seminare, far crescere le cose e poi fare la mietitura”. Così si sono mossi i Capaldo, dal 1998 il padre, e ora il figlio. Nell’Irpinia, mondo complicato e combattivo come le sue vigne storiche. Fino all’ultimo passo, l’ingresso nel salotto buono della zona di Bolgheri, luogo di elevazione enologica e sociale per molti imprenditori approdati in Toscana.
“Ci andavo negli anni del primo corso da sommelier, nel 1986 - racconta il presidente di Feudi San Gregorio - ora ho comprato 16 ettari dai Guicciardini Strozzi”.
Un casato con mille anni di storia nelle mani delle principesse Irina e Natalia, ex danzatrici (la seconda per quattro anni a San Pietroburgo, con Nureyev). L’azienda ceduta si chiama Villa Le Pavoniere, ha firmato gli uvaggi rossi Ocra e Vignarè.
“Può crescere molto - secondo Capaldo - puntiamo a centomila bottiglie con un nuovo marchio. Tutto sarà gestito da una donna”. Un affare da una decina di milioni di euro. “In totale abbiamo investito nel vino - fa i conti Capaldo - 60 milioni”.
Dai 500 metri d’altezza di Sorbo Serpico, spazia lo sguardo Pierpaolo Sirch, l’agronomo che di Feudi è l’amministratore delegato. Con lui Capaldo ha un patto che consente ad entrambi di occuparsi dell’azienda Sirch sui Colli Orientali del Friuli, a Cividale.
“Siamo passati da 20 a 120 ettari - spiega Capaldo - possiamo arrivare a 600 mila bottiglie”. L’idea è di “mettere assieme aziende da territori interessanti che puntino sugli autoctoni. Senza integrarle a Feudi, lasciando ad ognuna la propria identità. Partiamo come in una startup, formiamo chi lavora, offendo occasioni di scambio tra le cantine”.
Così è stato fatto per Basilisco, in Basilicata, 40 ettari a disposizione di Viviana Malafarina, che nelle grotte dello Shesh in cui Pierpaolo Pasolini girò “Il Vangelo secondo Matteo”, affina l’Aglianico del Vulture. È il sommelier Federico Graziani, con l’aiuto del vignaiolo umanista dell’Etna Salvo Foti, che si occupa di 2,5 ettari della nuova azienda sul vulcano. Completano la rete due cantine in Puglia: Ognissole a Taranto e Cefalicchio a Canosa, che produce Nero di Troia con regole biodinamiche.
Intanto dai 330 ettari in Irpinia arrivano nuovi vini: il Dubl Esse, Metodo classico da uve Greco, una linea voluta con Anselme Selosse, produttore di mitici Champagne.

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