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Corriere Della Sera

Poesia e chimica, un manuale per bere il vino con il naso ... L’enologo Luigi Moio e l’educazione all’olfatto... Gli italiani hanno lo stesso atteggiamento verso la Nazionale di calcio e verso il vino: tutti allenatori per gli azzurri, tutti sommelier per il nettare di Bacco. Ma per capirne veramente qualcosa (in alternativa ai tre livelli del corso dell’Associazione italiana Sommelier) da dove si comincia? Si può partire da II respiro del vino di Luigi Moio (Mondadori), docente universitario (di Enologia alla Università Federico II di Napoli) consulente del governo, accademico dei Georgofili, produttore, che attraverso il profumo del vino ci svela un mondo nascosto del quale l’autore è profondamente innamorato. Un percorso, quello di Moio, che comincia nel ’91 a Digione nel Laboratorio degli aromi dell’Institut Nationale de la Recherche Agronomique, nel cuore della Borgogna, uno dei luoghi sacri per il vino. Lì par te una lunghissima caccia ai profumi, un ricerca che ha portato alla redazione di 2 pubblicazioni scientifiche e ad alcun “scoperte” illustrate nella prima parte de libro: i quattro gusti elementari (acido amaro, salato e dolce) sono cinque e probabilmente sei; che si gusta più con il naso che con la bocca; che l’olfatto è stato abbandonato ma è il gusto più affascinante e pi’ antico e, infine, che profumi, aromi, gusti si uniscono nel cervello in una sintesi stra ordinaria che nessuna macchina è riuscita a realizzare: il flavour. Moio chiarisce anche un “mistero”: come fanno i sommelier a riconoscere i profumi (a volte numerosi) che il vino sprigiona? Li imparano a memoria, ovvero: costruiscono un “archivio” fatto di profumi di frutti (dalla mela alla banana, al litchi), fiori, ma anche di kerosene e vernice. E confrontano, spesso senza sbagliare, il profumo del vino con l’archivio. Un esercizio in cui, sostiene scientificamente l’autore, le donne sono migliori degli uomini perché hanno una “sensibilità più elevata” e la mantengono meglio anche dopo i cinquant’anni. La tesi è dimostrata con un grafico e con gli studi prontamente citati. Così, pagina dopo pagina, formula chimica dopo formula chimica, impareremo che cos’è l’acetato d’isoamile (che conferisce ai vini bianchi il profumo di banana matura e amplifica, in generale, gli odori di frutta) verremo a sapere che il sentore di “pipì di gatto” del Sauvignon Blanc non è dovuto a un’aggiunta (come qualcuno ha scritto) ma a una molecola dal nome impronunciabile identificata nel 1993; scopriremo che cos’accade tra il vino e il legno della barrique, capiremo tutto della meraviglia del Sauternes le cui uve divorate da un fungo danno vini di “un’eleganza e una complessità olfattiva incomparabili”. Attraverso gli odori e i disegni a corredo delle spiegazioni, realizzati da Ada Natale, il racconto di Luigi Moio diventa un percorso completo di enologia, di tecniche di cantina e anche un viaggio tra i vitigni di Italia e Francia. Arrivati alla fine della lettura, una metà del corso per diventare sonunelier Ais è fatto. Restano da studiare le Docg di Italia e Francia e buona parte di quelle dei Paesi europei, la California, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Sudafrica e, soprattutto, gli abbinamenti tra il cibo e il vino. Il saggio di Moio, per contro, ci fa percepire l’essenza più profonda del vino attraverso il viaggio e la comprensione dei suoi profumi, vissuti dell’autore come un atto d’amore e la loro ricerca come un gioco.

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