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Corriere Della Sera

Chateau China, la nuova scommessa del mercato ... Le potenzialità del dragone non solo come consumatore ma anche come produttore di qualità sono state al centro del dibattito al Vinexpo di Bordeaux, la scorsa settimana... “Cina, il nuovo Eldorado”: è stato uno dei temi al centro di Vinexpo, la rassegna mondiale che si è tenuta a Bordeaux la scorsa settimana. Il Dragone, secondo i dati presentati da Iwsr, tra i principali centri di studio, diventerà entro il 2020 il secondo mercato per consumo di vino al mondo, subito dopo gli Usa, e superando il Regno Unito e la Francia, per un valore di vendite pari a 22 miliardi di dollari l’anno. Ma il dato più sorprendente è che, sempre secondo le previsioni presentate a Bordeaux, il Dragone sta per affermarsi come un importane produttore di vini di qualità. Nel paese esistono cantine storiche, come Changyu, a Yantay, nello Shandong, produttore quotato a Shenzen, tra i più grandi al mondo. E a Bordeux si sono celebrati i 1300 anni di storia di Yanghe Distillery, famoso brand di distillati, in particolare il Baijiu, una bomba alcolica usata in tutti i banchetti cinesi, che ora, grazie alla riscoperta dei millennials, fa registrare una ripresa delle quotazioni. Ma è con l’arrivo di enologi stranieri, soprattutto francesi, che il vino del Dragone ha cominciato a conquistare i palati e i punteggi della critica internazionale. Jancin Robinson, autorevole wine writer del Financial Times, ha definito il miglior vino di cina la riserva Tasya di Chàteau Grace Vineyard, di proprietà del tycoon indocinese C.K. Chan, che si produce nella provincia dello Shanxi, visitato e testato anche da Repubblica - Affari&Finanza. Un’etichetta e uno chàteau portati alla fama mondiale da uno dei più famosi enologi del mondo, guarda caso di Saint - Émilion, il cuore degli storici chàteaux di Francia, Gerard Colin, già direttore della Edmond & Benjamin de Rotschild Wine Co, che è venuto a mancare proprio quest’anno. The Guardian segnala in questo periodo Changyu Noble Dragon Cabernet Gernischt, di Yantai, China 2014mche si trova già sugli scaffali di Sainsbury’s a 10 sterline. È già successo con l’arte, i cinesi si sono imposti come collezionisti presenti alle maggiori aste mondiali. Poi, pian piano, sono stati gli artisti cinesi contemporanei a conquistare le vetrine e gli indici delle quotazioni internazionali. Eredi dei famosi calligrafi e acquarellisti delle dinastie storiche. Ora si stima un processo analogo nel vino. I cinesi hanno comprato tante tenute famose in Francia e in Italia. Ora vogliono promuovere i propri. La scorsa settimana le A - share, azioni della Borsa di Shanghai sono state ammesse nell’Msci Global indexes. Un’inclusione attesa da tempo, subordinata alla modernizzazione e maggiore trasparenza del mercato finanziario cinese. Le A - share peseranno all’inizio meno dell’1%, ma siamo alla grande svolta. “Se la Cina continua nel suo processo di riforme il peso potrebbe salire al 18,2% per le A - share - scrive Goldman Sachs - e al 32% per tutte la azioni della Cina. L’inclusione nel benchmark globale sosterrà la strategia della Cina di voler rimpinguare il portafoglio di capitali in entrata, e così bilanciare quelli in uscita, e di fare in modo che il mondo veda la Cina come un mercato per diversificare, come la Cina diversifica negli altri paesi”. Il vino e gli Chàteau sono già diventati un canale di diversificazione per gli stranieri. Rotschild ha costruito un suo Chàteau Lafite nello Shandong. Australiani e francesi hanno realizzato joint - venture sotto la Grande Muraglia. E come per l’Msci, il passo successivo sarà sbarcare negli indici globali del vino di qualità.

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