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Corriere Della Sera

Gli occhi degli speculatori sul Barolo … Roberto Conterno racconta mercato (e distorsioni) dei supervini. Il suo Riserva Monfortino esce a 270 euro e dopo pochi giorni quota oltre mille. Lo stop alle prenotazioni, le strategie e gli investimenti: un ettaro costa un milione... Gli “speculatori del Barolo” hanno colpito. A pochi giorni dal debutto sul mercato la Riserva Monfortino 2010, uscita dalla cantina di Roberto Conterno a 270 euro più Iva, costa già fino al triplo. E anche di più. Su Wine Searcher, catalogo digitale da 10 milioni di vini, il vino creato nel 1924 dall’azienda Giacomo Conterno di Monforte d’Alba viene venduto, tasse comprese, a 1.100 euro. Solo 3 bottiglie da un’unica enoteca su 90 mila, le altre lo hanno già esaurito (o lo tengono in cantina aspettando che il prezzo salga ancora). Il Barolo a quota mille euro ha diviso gli appassionati. Alcuni gioiscono per le quotazioni “come i grandi francesi”. Altri imprecano, perché così queste bottiglie sono “accessibili unicamente a una piccola minoranza”. Un oggetto del desiderio (e un pezzo dell’enostoria d’Italia) che ha raccolto il massimo punteggio (1nohoo) da critici come l’americano Robert Parker e l’italiano Daniele Cemilli, per il quale è il miglior vino italiano dell’anno. Roberto Conterno, terza generazione di barolisti, snello e sorridente, non ancora cinquantenne, con la passione per le
arrampicate, è stupito di quello che sta accadendo “a sua insaputa”.

La super quotazione del Monfortino è positiva o negativa?

“Non so di cosa stia parlando”.

Del fatto che servono mille euro e più per una bottiglia che pochi giorni fa lei ha venduto a 270.

“Non lo sapevo, non me l’aspettavo e mi dispiace. È una speculazione che non riusciamo a combattere. Non possiamo impone prezzi ufficiali a chi rivende. L’unica consolazione è che gli speculatori ci mettono la faccia su questi prezzi”.

Quante bottiglie di Monfortino avete prodotto quest’anno?

“Di media ne facciamo tra le 7 mila e le 10 mila. Quest’anno c’è stata una grande richiesta di formati da 3 litri. Ne abbiamo preparati 200 con una nuova macchina che ho appena comprato. Così sono diminuite ancora di più le bottiglie da tre quarti di litro”.

Dove finiscono le mega bottiglie?

“Come le altre, nei migliori ristoranti o nelle cantine private, negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo”.

A chi vende il Monfortino?

“Raccogliamo le prenotazioni e cerchiamo di accontentare i clienti storici. In pochi giorni sono arrivate richieste per 30 mila bottiglie. Ho bloccato tutto. Chi ha prenotato ha ricevuto un terzo di quanto richiesto. Impiego un mese a distribuire il vino, perché controllo gli ordini uno a uno e cerco di non far torto a nessuno”.

Glielo richiedo: il Barolo oltre i mille euro aiuta o danneggia le Langhe?

“È molto più bello vivere in una zona in cui tutta l’economia trae beneficio dal successo di un vino che in una zona che nessuno vuole”.

Ma il costo della terra del Barolo è tale che servono parecchi milioni per un piccolo vigneto.

“È aumentato molto. Una difficoltà in più per noi produttori. Perché non tutti hanno il Monfortino in cantina. Ci sono colleghi bravissimi che per mille ragioni riescono a vendere solo sotto i 90 euro a bottiglia. Sicuramente l’arrivo di investitori stranieri molto ricchi contribuisce a far crescere i prezzi dei vigneti”.

Quindi bisognerebbe aiutare i barolisti?

“Sarebbe una bella idea. Non bisogna tagliare le ali ai vignaioli, chi vuole investire deve poterlo fare. Ma alla fine è il mercato che decide”.

Qual è stato il suo ultimo investimento?

“Due anni fa, il vigneto Adone a Serralunga d’Alba”.

Sette milioni di euro per un vigneto di meno di 6 ettari.

“Ho speso meno, 6 milioni. Il prezzo l’ha fatto un americano che aveva un diritto di prelazione. Tutti dicevano: hai pagato troppo. Ma il prezzo è giustificato da quello del vino che vendo”.

Quanto tempo serve per rientrare da un investimento di questo tipo?

“Dieci - quindici anni. Da un ettaro di nonna si ricavano 7 mila bottiglie. Ma noi ci fermiamo a 3.500 così la qualità sale”.

Quanto guadagna?

“L’anno scorso non abbiamo prodotto il Monfortino, perché è riservato agli anni migliori. E senza il Monfortino sono andato in rosso. Certo, ho affrontato spese straordinarie, che poi tanto straordinarie non sono, perché si ripetono da io anni. Ma non mi lamento”.

Quanto ha incassato l’azienda nel 2016?

“Guardo poco le cifre, non ricordo. So solo che la mamma mi ripete che devo calmarmi con tutti questi investimenti. Come faccio? La crescita costa”.

Una buona crescita visti i punteggi stellari dei critici.

“Non vorrei che si offendessero, ma non lavoriamo per loro. Che significa 100 punti? A 99 il vino è meno buono? Vorrei che i critici valutassero l’azienda, non il singolo vino. La continuità è la vera garanzia per il consumatore”.

E lei che voto darebbe alla sua azienda?

“Il massimo, per premiare la voglia collettiva di crescere che c’è tra tutti noi”.

E al suo vino?

“La qualità di una cantina si vede dal Vino base. Il nostro Barolo ha un’incredibile qualità e un buon prezzo”.

Più caro di altri.

“Non sto dicendo che i nostri vini non sono cari, vendo la Barbera a 20 euro, eppure ci rimetto: solo il tappo costa due euro. Non voglio essere condizionato dai soldi. Dico a tutti: non temete di spendere un milione su un buon progetto, ma evitate di sprecare 10 euro in qualcosa che non servirà”.

Come è andata la vendemmia?

“L’abbiamo appena finita. Barbera, un anno importante. Nebbiolo, positivo. I Barolo di questa annata saranno più pronti e fruttati. La quantità? Forse inferiore del 30%”.

Ha una scorta segreta di Monfortino?

“Certo, e la tengo per me. Ho aperto una bottiglia del 1945 e una del 1947. Un’emozione grandissima, ho pensato a mio nonno, alla povertà di quegli anni e alla sua fatica, c’era tutto dentro quei Barolo”.

Cosa direbbe nonno Giacomo sul Barolo a mille euro?

“Non ci crederebbe”.

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