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Corriere Della Sera

La forza dei vini sotterranei del Carso. Una Vitovska che nasce dalla pietra … Nella grotta - cantina di Benjamin Zidarich, a ventidue metri di profondità... Il paradiso di Benjamin Zidarich è buio, umido, duro. È una grotta, scavata nel ventre della terra. A 22 metri di profondità, da questo mondo rovesciato, il silenzio è uno specchio dell’immobilità del Carso. Sopra c’è il paesaggio descritto da Fulvio Tomizza con i borghi visibili “dopo un’ampia curva che funge da belvedere sospeso sulla città” (L’amicizia, Rizzoli 1980). La sala di degustazione, alta sull’Adriatico, è piena di appassionati. È sabato, gli equipaggi della Barcolana incrociano allargo, sfiorandosi. Un team di velisti ha interrotto le prove, prepara la regata del giorno dopo cercando energia nella Vitovska. Benjamin racconta i suoi 8 ettari di viti “recintati a causa dei cinghiali”, spiega quanto siano importanti la brezza e la bora per mantenere sane le piante “quasi senza trattamenti”, svela gli alberelli da cui “si ricavano pochi etti di uva”. Poi tutti scendono con lui nella grotta, l’opera naturale dell’architetto Paolo Meg. La cantina è uno squarcio di tre piani. “Ho imitato quella di mio nonno, la terra rossa e il colore del ferro e della ruggine”, racconta Benjamin Zidarich. Un cunicolo porta a una stanza larga, sovrastata da un ballatoio come quelli delle case dei paesi. Sopra il ballatoio archi di pietra naturale. Le rocce sembrano sporgersi verso il centro. “In questo pianeta sotterraneo lavoriamo bene - dice Zidarich -. Ho investito tutto lavorando senza sosta per un decennio. Qui non servono condizionatori: la temperatura è costante, 13-14 gradi con il 70-80 per cento di umidità. Qui nascono i nostri vini: Vitovska, Malvasia, il blend Prulke che rievoca i tempi delle famiglie che imbottigliavano solo un bianco e un rosso. E il Terrano. Qui la pietra è tornata nel suo posto naturale dopo gli scavi. I pilastri con le figure delle quattro stagioni sono stati scolpiti con questo materiale. Ognuno differente, perché nel Carso non c’è nulla di dritto. Ogni pietra è diversa. Se rispetti la natura, se ti allontani dai metodi convenzionali, il vero valore è la diversità”. Ha iniziato nel 1988, Benjamin. “Siamo a Prepotto, nel comune di Duino Aurisina, un luogo intatto nel tempo, da cui lo sguardo arriva fino a Venezia, alla Slovenia e alla Croazia. Ho tolto le vecchie viti. In cantina ho voluto solo torchi, niente macchine complesse. Tutte le stanze sono aperto. Tutti possono vedere tutto. Il vino è semplicità. Adesso c’è la moda dei vini macerati. Per noi le mode non esistono, lavoriamo così perché è quello che sappiamo e vogliamo fare. Non abbiamo un enologo, perché non cerco vini perfettini. Cerco la semplicità”. C’è un murale nella grotta - cantina: un grande sole, un vigneto con le radici nella terra, l’acqua che scorre. “È tutto quello che serve per un buon vino”, dice Zidarich. La semplicità è la stella polare del vignaiolo carsico. “Produciamo soprattutto bianchi, con almeno due anni di affinamento. Vini puliti e dritti”. L’uva del Terrano sta fermentando in un grande tino aperto. Più sotto ci sono i tini di pietra, l’ultima invenzione di Benjamin. Cinque anelli di marmo sovrapposti che formano una vasca per macerare la Vitovska. Un percorso di 18 giorni prima del riposo nelle botti di rovere per un anno. Il vino che si ricava è il Kamen: ambrato, ricco di profumi di frutta ed erbe, un carico di piacevolezza che fa venire in mente le parole del poeta di Duino, Giorgio Depangher, sul vento che “consuma una vita senza confini, a frugare anfratti nascosti, con guizzi nervosi”. Il debutto del Kamen risale a 24 mesi fa, annata 2013. La Vitovska di Zidarich è longeva: quella del 1996 ha ancora sapidità e acidità sostenuta. La 2015 è fruttata, artigianale ed elegante insieme, ricorda il miele e gli agrumi. Il Terrano è sapido e ricco di profumi. Vini che, come il vento di Depangher, “rincorrono la vita instancabile”.

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