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Corriere Della Sera

Barolo e bollito, a tavola con Lévi Strauss … Il Ravera di Cogno a Milano con le carni (e le salse) sulla terrazza milanese dei fratelli Cerea... Un piatto di bollito cucinato dai fratelli Cerea e un bicchiere di Barolo Ravera di Cogno. Dalla terrazza dell’hotel, la folla sul piazzale milanese della Centrale, che corre veloce verso i treni veloci, trasmette il bisogno di un ritmo più lento (è nata qui l’idea della Milano slow del sindaco Sala?). Un telefonino replica le note dell’Alan Sorrenti di Sulla cima del mondo: “Sali un giorno su in terrazza / per sentirti un po’ più in alto... A due passi dal tuo treno / non puoi più tornare indietro / tu stai inseguendo il tempo”. Al ristorante, invece, il tempo scorre pacato. Soprattutto da quando i fratelli Cerea hanno portato il gran bollito a Milano, estendendo la potenza delle tre stelle Michelin dal Da Vittorio a Brusaporto (la casa madre bergamasca) all’Excelsior Gallia. La carta dei vini è vasta quanto basta per divertirsi nella scelta. Tra molte ci sono le bottiglie di Elvio Cogno, uno dei cavalieri del Barolo, scomparso poco più di un anno fa. In memoria, si stappa il Barolo Ravera 2013. Viene da Novello, provincia di Cuneo, come il fondatore. Cogno inizia da ristoratore, a La Morra. Le uve di famiglia diventavano il vino per la trattoria. Fino agli anni Cinquanta, quando si trasferisce da una cucina a una cantina. In pochi anni diventa il motore propulsore della Marcarini, storica azienda barolista, ed è uno dei primi a far affiggere sul etichette il nome della zona del vigneto, il cru: Brunate. Nel 1990 diventa cantiniere di sé stesso. Dedicandosi più a Dolcetto e allo stupefacente autoctono bianco Nascetta che ai richiami dei vitigni internazionali. E puntando molto sul cm migliore della zona per il Barolo, il Ravera. Ha 60 anni, Elvio, quando si lancia in questa avventura acquistando la Cascina Nuova e i terreni a poca distanza dal paese. Ora tocca alla figlia Nadia e al genero Valter Fissore continuare il lavoro di Elvio. “Abbiamo a disposizione 15 ettari racconta Valter, massiccio e gioviale - io mi occupo del vino, Nadia dell’amministrazione e dell’accoglienza. Lavora in azienda nostra figlia, Elena, a cui è dedicato uno dei quattro Barolo, il Riserva Vigna Elena. Lei è la continuità di cui sono orgoglioso, è la quinta generazione. Il nostro credo è il Barolo tradizionale, complesso, personale. Il mio motto: se fare un vino perfetto significa fare un vino standard, allora non vogliamo fare vini perfetti. Usiamo la tecnologia solo per aiutarci a raggiungere questo obiettivo”. Il Barolo Ravera centra il bersaglio: è morbido e sapido, si sentono il gusto della confettura di prugne e dell’amaretto. Un risultato raggiunto dopo due anni di riposo in grandi botti di rovere e altri sei mesi di affinamento in bottiglia. Un Barolo che, senza perdere il legame con la tradizione: si è evoluto, acquistando eleganza. Un vino che l’antropologo Claude Lévi - Strauss sceglierebbe per il bollito, piatto che considerava l’emblema dell’evoluzione culturale: secondo l’antropologo de Il crudo e il cotto (Saggiatore), con il bollito l’uomo è passato dalla primordialità della carne arrostita alla sapienza della cottura attraverso l’acqua. Tradizione ed evoluzione è la linea scelta dai fratelli Chicco, Roberto e Francesco Cerea per le cene con il gran bollito: tagli con carne piemontese e ricca selezione di salse (prossimi appuntamenti il 7 novembre e il 5 dicembre). Sulla terrazza dove il tempo scorre lento.

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