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Corriere Della Sera

L’Amarone, Gabriele e l’arte dell’attesa. Il ragazzo-rivelazione della Valpolicella … A 25 anni è alla guida di “Vigneti di Ettore”. È il più giovane dell’ “Anteprima”... Gabriele, 25 anni, è il più giovane vignaiolo tra i 71 che partecipano ad Anteprima Amarone (dal 3 al 5 febbraio alla Gran Guardia, a Verona). La sua azienda, l’ultima rivelazione della Valpolicella, ha come vessillo il nome del nonno, Vigneti di Ettore. In un mondo in cui tutto è istantaneo come un messaggio di WhatsApp, Gabriele Righetti hai scoperto l’arte dell’attesa e del distacco. L’attesa: il desiderio di un vino migliore “senza fretta di venderlo in tutto il mondo”. Il distacco: un viaggio di 12 mila chilometri per imparare a lavorare, “in Cile, per 4 mesi, con un impiego da enologo in una grande società, perché c’è sempre da scoprire qualcosa da chi è diverso da te”. Una casa-cantina, quella della famiglia Righetti. Il nonno Ettore, che abita a poca distanza, ci va ogni giorno. A 87 anni assaggia il vino e controlla i conti. È stato per molti anni direttore e presidente della cooperativa sociale di Negrar. “Poi qualcosa si è rotto - racconta il papà di Gabriele, Giancarlo, 57 anni, ex consigliere della coop - incomprensioni, errori, forse nostri. Non ci sentivamo più in famiglia. È stata dura, abbiamo deciso di non conferire più le uve”. Lo strappo, nel 2011, è iniziato da un terreno di 5 ettari. Con due Valpolicella, il Ripasso e l’Amarone che si sono fatti subito notare. Più eleganza che potenza, più frutti che muscolatura. “I vigneti li abbiamo sempre avuti, dal 1930 - racconta la famiglia - siamo una piccola azienda con 4 stanze di un agriturismo e un po’ d’olio che produciamo per noi. Non è stato facile staccarsi dalla sicurezza della cooperativa”. Gabriele stava ancora studiando, due anni all’istituto di San Michele all’Adige e uno all’università di Udine. “È figlio unico - raccontano il padre e la madre Maria Teresa, 55 anni - averlo accanto da studente-lavoratore ci ha dato carica e entusiasmo”. Due anni fa, finiti gli studi, il ragazzo è entrato a tempo pieno in cantina. Ha iniziato a girare i vigneti di collina che da qualche mese, scaduto l’accordo con la coop, sono rientrati in possesso dei Righetti: altri 15 ettari, in un colpo solo è stata quadruplicata la quantità di uve. “Potremmo quadruplicare anche le attuali 4o mila bottiglie, ma preferiamo attendere, ci vorranno decenni”. Un’attesa senza fremiti in collina, tra le vigne dai 250 ai 430 metri d’altitudine nella Valpolicella storica, con terreni diversi, argillosi, ciottolosi o frutto di eruzioni vulcaniche. Accanto ai vitigni-base per l’Amarone (Corvina, Corvinone, Rondinella) ci sono autoctoni poco noti: Spigamonti, Turchetta, Oseleta, Pelara e altri ancora. Viti a pergola “perché così vuole la tradizione, è il metodo giusto per evitare che l’uva si ustioni”. Tutto con il metodo biologico, la conversione dei terreni è ultimata, fra poco arriverà la certificazione. “Gabriele è meticoloso, preciso e instancabile”, lo descrive il padre. E lo ricorda al lavoro nel giorno di Natale per seguire le fermentazioni, oppure di notte. Il fruttaio, dove per cento giorni appassiscono le uve per l’Amarone, è regolato dalle finestre che vengono aperte o chiuse per far passare l’aria (“ma dopo aver perso tutto nell’85 per una gelata abbiamo un impianto che controlla l’aerazione nelle giornate troppo umide”). Botti capienti, “perché non ci piace che il vino abbia il gusto di legno e vaniglia. Il nostro non è un Amarone costruito in cantina, non è troppo dolce. È morbido, asciutto, va bevuto a tavola, non è pensato per i critici. Una cantina a cui ci piacerebbe assomigliare è Bertani, oltre le mode”. Intanto, a 12 mila chilometri di distanza, Gabriele impara in Cile l’arte dell’attesa e del distacco.

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