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Crescita più moderata ma costante per gli Usa, primo mercato enoico del mondo: vanno forte vendita diretta e online, rosé e spumanti, e largo a packaging alternativo e nuove occasioni di consumo. A dirlo un’analisi della Mw statunitense Liz Thach

Sulla base della ragguardevole mole di dati disponibili relativi all’andamento del mercato del nettare di Bacco negli Stati Uniti nel corso dell’anno passato, è ragionevole supporre che l’Unione rimarrà un porto sicuro per i Paesi produttori di tutto il mondo, ma non tutto è immune da cambiamenti. Ad affermarlo, con una monumentale analisi comparata di più fonti, tra le quali “Wines and Vines” e i dati di mercato registrati da Nielsen, è la Master of Wine statunitense Liz Thach (www.lizthachmw.com), che nel complesso dipinge un quadro roseo per il nettare di Bacco oltreatlantico.
Secondo l’analisi di Thach, il tasso di crescita si attesterà sul 2% in valore nel 2018, in linea con il trend delineato dall’ultimo quarto di secolo: nel 2017 sono passati di mano vini per 62,7 miliardi di dollari, 20,9 dei quali importati (con un tasso di crescita sul 2016 del 5%), ma quei 41,8 miliardi in mano all’industria domestica del nettare di Bacco potrebbero aumentare di parecchio a valle dei benefici fiscali della riforma Trump e del possibile perdurare di un dollaro debole, con tutto quel che ne consegue in termini di competitività. Per quanto riguarda la suddivisione delle vendite per canale distributivo, la parte del leone la fa ancora l’off-premise, con il 78% del totale, oltre 192.000 punti vendita e un prezzo medio per bottiglia di 10 dollari, e particolarmente notevole è l’aumento a doppia cifra in volume della fascia compresa tra i 15 e i 20 dollari, mentre quella sotto gli 8 dollari ha registrato una notevole flessione, pur detenendo il 55% di tutto il vino venduto negli Stati Uniti. Per quanto riguarda invece l’on-premise, al 20% del mercato e a più di 373.000 esercizi commerciali si accompagna un prezzo medio di 40 dollari, con una crescita dell’1,3% in volume e dell’1,9% delle vendite nei primi dieci mesi dell’anno. Capitolo a parte, invece, per vendita diretta e online, che assorbono rispettivamente il 2% e il 4% del mercato del vino americano, anche se in maniera simbiotica: il primo dei due canali ha registrato una crescita in valore del 15,5% rispetto al 2016, a 5,78 milioni di casse e un controvalore stimato di 2,7 miliardi di dollari, mentre il secondo, preso come canale a sé stante, fatica ancora a trovare una sua natura per via del “three-tier system” statunitense.
Per quanto riguarda la produzione domestica, nel 2017 sono nate circa 550 nuove cantine, portando il totale a 9.654 (+9%): la California che ne ospita la stragrande maggioranza (4.392), seguita da Oregon (774) e Washington (772), e i dati puntualizzano anche che a bere vino è solamente il 40% di americani, con un 36% che sceglie altri tipi di bevande alcoliche e il 24% che non beve affatto. Il 51% degli enoappassionati a stelle e strisce è donna, e solamente il 41% maschio: dal punto di vista demografico, poi, a farla da padrone sono Baby Boomer (tra i 53 e i 71 anni, 37%) e Millennial (23-40 anni, 32%), seguiti da GenXer (41-52 anni, 19%), ultrasettantenni (9%) e un interessante 3% in quota ai giovanissimi della iGeneration (21-22 anni). Indipendentemente dalla loro età, comunque, le preferenze rimangono a grandi linee le stesse del 2016, a giudicare dalle tipologie preferite: Chardonnay ancora re, con 2,54 miliardi di dollari, e Cabernet Sauvignon subito dietro (a 2,42), con i blend di uve rosse al terzo posto (1,73 miliardi) e, a seguire, Pinot Grigio (1,25 miliardi) e Pinot Nero (1,05 miliardi di dollari nel 2017). Sulla cresta dell’onda, a livello di tassi di crescita anno su anno, invece, ci sono i rosé (+59% in valore anno su anno), gli spumanti e i Sauvignon Blanc - con la Francia che, però, sembra aver già issato il proprio vessillo sui rosati, dall’alto della sua quota di mercato del 51%, mentre gli stessi Stati Uniti (37%) sono in seconda posizione e, assai distanziata, sul gradino più basso del podio c’è l’Italia, con un 5%. La fascia di prezzo più quotata per i rosati, inoltre, è quella compresa tra gli 11 e i 15 dollari a bottiglia, dato che assorbe il 31% delle vendite della tipologia.
Altro punto molto interessante toccato dall’analisi di Thach è quello relativo alle forme di confezionamento alternative, dalla spina alla lattina: sebbene le quote di mercato assolute siano ancora minuscole, i tassi di crescita del 2017 parlano da soli, con le vendite di vino in lattina decollate del 49% e quelle di vino alla spina del 37%, con a seguire il tetrapak (18,5%), il box (15,2%) e il confezionamento in plastica (7,5%). Un trend che, sottolinea la Master of Wine, è particolarmente notevole se si considera il fatto che molti di questi tipi di packaging erano, fino a pochissimi anni fa, completamente assenti dagli scaffali dell’Unione. Infine, rimane sostanzialmente invariato il podio dei maggiori produttori in volume, con la corona che va a E&J Gallo (70 milioni di casse da 9 litri) e l’argento a The Wine Group (53 milioni), e a seguire Constellation Brands (50), Trinchero Family Estates (19 milioni) e Treasury Wine Estates, con 16 milioni di casse.

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