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D / La Repubblica

Luci del Cabernet. Ha vinto due Golden Globe, ora è in odore di Oscar: tra vino, sesso e solitudine, Sideways canta all’America minima e felice ... Gli americani producono costosi kolossal zeppi di star, che spesso sono un disastro, e si innamorano di piccoli film con attori che quasi nessuno riconosce. E’ il caso di Sideways, che ha vinto il Golden Globe come miglior commedia, mentre il regista Alexander Payne è stato premiato per la sceneggiatura. E corre per cinque Oscar: film, regia e attori non protagonisti.

Protagonista inconsueto è il vino, che ha ispirato anche un documentario americano molto premiato, e da noi non ancora distribuito, Mondovino, incantevoli paesaggi sono gli immensi vigneti della Santa Barbara Valley, e il tipico viaggio di tanti film americani si svolge stavolta nella rete organizzata dei club di degustazione del fiorente turismo enologico.

Due amici di università, sull’orlo inquieto della mezza età, si prendono una settimana di vacanza prima che uno dei due Jack (Thomas Haden Church) finalmente si sposi, meglio si accasi, rientri nei ranghi. E’ un attore di soap opera uscito dal giro che ormai presta la sua maschia voce agli spot dei detersivi. Saranno quelli i suoi ultimi giorni di libertà prima di arrendersi alla fine dei sogni e delle ambizioni. Miles (Paul Giamatti), insegnante di scuola media, ha organizzato il viaggio con la sua Saab rossa per placare l’ansia di sapere se il suo gigantesco primo romanzo sarà pubblicato, e per uscire dal dolore per un matrimonio finito due anni prima. A Jack non importa nulla del vino, cerca avventure erotiche; Miles, che tra i suoi tesori conserva un famoso Cheval Blanc del ’61, vuole gustare, da appassionato ossessivo, i migliori Chardonnay o Cabernet; Miles, con quel fisico insignificante, è depresso e si compiace dei suoi fallimenti; Jack, con la faccia da ex-bello invecchiato, nasconde, dietro la spigliatezza e le parolacce, fragilità e disperazione.

Incontrano Stephanie, bella cino-americana mescitrice di vino (Sandra Oh, moglie del regista) che ha una bimba nera, e la bionda cameriera Maya (Virginia Madsen), appena divorziata. Anche loro hanno conosciuto fallimenti, non sono più così giovani e sono sole. Il vino è il loro lavoro e la loro cultura, come Miles sanno tutto del profumo, del retrogusto, del colore:; ficcano il naso nel bicchiere a calice, riconoscono il vitigno, scuotono il bicchiere, fanno ondeggiare il vino in bocca, lo sputano nel contenitore.

Ma Stephanie sa quando è meglio lasciar perdere anche un prezioso Fiddlehead Sauvignon Blanc e buttarsi in un letto, in questo caso con Jack, mentre Maya e Miles sono separati da timidezza e sfiducia, non hanno lo slancio dei gesti d’amore, parlano di quel che sanno e li accomuna la passione, il rispetto per il buon vino: lui le descrive il Pinot “che richiede cure e attenzioni costanti e viene da una vigna delicata e sensibile”, lei gli dice che una bottiglia di vino “è qualcosa di vivo che si svolse fino a quando non raggiunge il suo apice e poi comincia il su declino”. E noi capiamo che questo è il loro modo di parlar di sé, di rivelarsi l’uno all’altra.

Payne è bravo a raccontare con semplicità, affetto, queste vite che rasentano il fallimento eppure a modo loro si riscattano, e le piccole e grandi rinunce, delusioni quotidiane, la vita incolore che incespica ai margini del mondo colorato d’oggi, oppresso dall’ideologia del successo, del denaro, della giovinezza. Perché in Italia a nessuno è venuto in mente una storia. Un film brillante e consolante come Sideways?

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