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EXPORT E MADE IN ITALY

Da oggi è in vigore il Jefta, ma l’agricoltura italiana si spacca sull’accordo con il Giappone

Per Confagricoltura e Cia l’intesa “offre importanti opportunità di crescita”. Coldiretti: “via libera al falso made in Italy”
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Firmato il Jefta, l'accordo di libero scambio tra Giappone ed Europa

Entra oggi in vigore l’accordo Jefta, l’intesa di libero scambio tra Unione Europea e Giappone. Ma l’agricoltura italiana si divide sulle opportunità (o meno) create da questo accordo commerciale. Se ieri il presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, aveva affermato come “l’intesa con il Giappone offre importanti opportunità di crescita per le esportazioni agroalimentari degli Stati membri, grazie alla soppressione dei dazi sull’85% dei prodotti destinati al mercato nipponico” (stessa linea di pensiero espressa oggi dalla Cia), la Coldiretti esordisce invece con un “via libera in Giappone al falso made in Italy, dal Grana al Parmesan, dall’Amarone al Greco di Tufo fino a molte altre imitazioni dei prodotti nazionali più tipici che potranno essere liberamente prodotte e commercializzate in Giappone”.
Confagricoltura elenca però i benefici di questa novità con le ricadute positive per le esportazioni. “Secondo le stime elaborate dalla Commissione, l’export di settore dell’Unione potrebbe addirittura raddoppiare rispetto all’attuale livello, che è di circa 6 miliardi di euro l’anno. Saranno eliminati i dazi sulle esportazioni di vino. Attualmente, si attestano attorno al 15% in media, con un esborso a carico degli operatori dell’Ue di oltre 130 milioni di euro. Anche per molti formaggi le vigenti tariffe doganali (nell’ordine del 30%) saranno soppresse. Per alcuni formaggi freschi, tra i quali la mozzarella, è stata concordata una quota di esportazioni a dazio zero”. Un aspetto importante, considerato che è lo stesso presidente di Confagricoltura ha sottolineare che il Giappone è il primo acquirente mondiale di formaggi. Prevista inoltre l’esenzione tariffaria per le esportazioni dell’UE di carni suine trasformate. I dazi saranno eliminati, sia pure progressivamente, su una serie di prodotti trasformati esportati dalla Ue sul mercato giapponese: della “lista” fanno parte la pasta, le produzioni dell’industria dolciaria, i prodotti a base di pomodori.
Coldiretti però punta il dito sugli “esclusi”. “L’aggravante nel caso del Giappone è che non è stata neanche prevista la ratifica dei parlamenti nazionali per un accordo che - sottolinea l’associazione - prevede la protezione di appena 18 indicazioni geografiche italiane agroalimentari sul totale di 293 (appena il 6%) e 28 vini e alcolici sul totale delle 523 denominazioni di origine e indicazioni geografiche riconosciute in Italia (5%). La mancata protezione dei marchi storici del Made in Italy non riguarda solo le produzioni nei Paesi con i quali è stato siglato l’accordo ma anche la possibilità che sui quei mercati giungano imitazioni e falsi realizzati altrove. Peraltro - continua la Coldiretti - anche se per Grana Padano, Pecorino Romano e Toscano, Provolone Valpadana, Mozzarella di bufala campana e Mortadella Bologna viene garantita la protezione del nome complessivo, potranno essere utilizzati comunque utilizzati i singoli termini (ad es. Grana; Romano, Bologna, pecorino, mortadella, provolone, mozzarella di bufala, ecc.) e - aggiunge la Coldiretti - si potrà addirittura produrre e vendere Asiago, Fontina e Gorgonzola non italiani per i prossimi sette anni”.
Per Coldiretti il problema non riguarderebbe solo il Giappone. “Gravi criticità presenta anche l’accordo UE-Singapore che protegge appena 26 prodotti a denominazione di origine italiana, 21 vini oltre alla grappa e prevede la possibilità di utilizzare termini contenuti in una denominazione (es. Grana), il nome di una varietà di uve utilizzate nel territorio dell’altra parte (es. Nebbiolo) e addirittura di non proteggere un’indicazione geografica dell’altra parte in presenza di un marchio “famoso, rinomato, ben conosciuto. Dall’intesa con il Canada (Ceta) a quella siglata con il Giappone e Singapore fino alla trattativa in corso con i Paesi del Sudamerica (Mercosur), - conclude la Coldiretti - si assiste al moltiplicarsi di accordi di libero scambio da parte dell’Unione Europea che legittimano a livello internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi”.
Confagricoltura ha comunque specificato che per quanto riguarda le indicazioni geografiche e di qualità, l’accordo di partenariato economico assicura la protezione sul mercato giapponese di 45 produzioni italiane, tra le quali quelle “effettivamente presenti e affermate sul mercato nipponico”.“Una cifra importante - ha sottolineato Giansanti - ma che dobbiamo aumentare, così come consentito dall’intesa. Non si tratta di un numero chiuso”. Anche la Cia ha sottolineato come sia una notizia positiva per i nostri prodotti l’accordo di partenariato economico tra Unione europea e Giappone (Jefta) che rappresenta il sesto partner commerciale per l’Italia fuori dai confini Ue. “L’intesa di libero scambio con il Giappone - ha detto il presidente nazionale Cia, Dino Scanavino - apre nuove opportunità di crescita per l’export, con l’eliminazione dei dazi sull’85% dei prodotti destinati al mercato nipponico, ampliando le possibilità di creare ricchezza attraverso il cibo Made in Italy. Siamo da sempre favorevoli alla progressiva riduzione delle barriere doganali e tariffarie tramite accordi internazionali - continua Scanavino -. Accordi che possano trasformare il valore riconosciuto dal consumatore finale in valore economico per le imprese agroalimentari e che includano, sempre e in modo inequivocabile, il rispetto del principio di reciprocità delle regole commerciali. Col Jefta, per fare due esempi, vengono cancellati i dazi sul vino e sono riconosciute 45 denominazioni italiane, che rappresentano la quasi totalità del nostro export agroalimentare sul mercato nipponico”.
L’Ufficio Studi Cia sottolinea come “già dal 2017 le esportazioni agroalimentari italiane verso il Paese del Sol Levante hanno raggiunto un valore di 1,4 miliardi di euro, con una crescita del 42% in un anno. Subito dopo il tabacco, che per via di importanti accordi di manifattura è la prima voce del nostro export di settore in Giappone (546 milioni), gli altri prodotti più apprezzati sono proprio i cibi e le bevande simbolo del Made in Italy. Al secondo posto, infatti, figura il vino (con 163 milioni di euro di valore), poi l’ortofrutta trasformata (circa 120 milioni), i prodotti a base di carne (quasi 109 milioni), l’olio d’oliva (oltre 106 milioni), i prodotti da forno (87 milioni), il comparto lattiero-caseario (circa 70 milioni)”. A conferma della strategicità del Giappone come sbocco per le esportazioni nazionali, nell’ambito del Piano 2019 per l’internazionalizzazione delle imprese associate, Cia-Agricoltori Italiani organizzerà, in collaborazione con la Japan Italy Economic Federation, un Roadshow in tre tappe con le nostre aziende agricole, oltre ad attività di formazione e di assistenza per cogliere le opportunità offerte dall’accordo Jefta.

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