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DAL 2010 LE ETICHETTE PARLERANNO IN DIALETTO. PER OLTRE 4.000 PRODOTTI TIPICI ITALIANI PRONTI I NOMI LOCALI ACCANTO A QUELLI ITALIANI. LO RIVELA IL MINISTRO ZAIA

Volete il Radicchio di Treviso? Niente da fare, al più potete comperare il “Radicio de Treviso”. Vi va una focaccia ligure? Meglio chiedere una “fugassa”. Avete voglia degli gnocchetti sardi? Pensateci meglio, forse preferite i “malloreddus”. Già, perché in un mondo dove le frontiere cadono, si frantumano e si riplasmano, l’unico punto fermo sembrano essere le lingue, di più, i dialetti. Ecco dunque che spunta in quel del Ministero delle Politiche Agricole la decisione: entro il 2010, le etichette dei prodotti tipici che rientrano nella categoria dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (4.471 in tutta la Penisola) saranno in dialetto. Poi il Ministero - forse considerando che gli italiani sono sempre stati un po’ restii all’apprendimento delle lingue - ha almeno concesso che a fianco della vulgata locale ci sia anche l’apposita “translation”, il vecchio nome in italiano del prodotto.
Il Ministro Zaia ha edotto i cittadini su questa novità durante il programma Tv “KlausCondicio” condotto da Klaus Davi e in onda su You Tube al link www.youtube.com/klauscondicio, motivandola con la necessità di tutelare, insieme al mero prodotto, anche la storia e la cultura del territorio, soprattutto nell’ottica di un mercato a chilometro zero. E in futuro Zaia pensa addirittura di estendere il bilinguismo alle spiegazioni in etichetta. Sì perché l’etichetta bilingue è, secondo il Ministro, un modo efficace per promuovere al meglio i territori, valorizzando quel concetto di terroir che è ancora troppo trascurato e che invece è imprescindibile dal Made in Italy e, in generale, dalla cultura nazionale.
Per il titolare del Mipaaf la difesa identitaria non è fonte di spaccature all’interno dell’Italia, ma semmai un movimento che serve ad unire. Di qui la sua apertura a programmi di investimento per compilare, ad esempio, dizionari in dialetto-italiano, o per dedicare parte delle ore scolastiche all’insegnamento delle lingue madri e delle culture territoriali, come già avviene in alcune regioni, dove si usa quel 20% di autonomia scolastica a disposizione per imparare i dialetti locali.
Il progetto di etichettatura in dialetto non è dunque una manifestazione estemporanea di folklore, ma si inserisce in un quadro più ampio che, sempre per il Ministro delle Politiche agricole, dovrebbe coinvolgere anche la televisione: ad esempio, aprendo l’uso del dialetto nei reality e nei talent show, che oggi è invece oggetto di un inutile ostracismo. Meglio certamente il dialetto che il turpiloquio, sostiene Zaia, che lancia un appello agli artisti che animano questi programmi perché parlino e lascino parlare i ragazzi nella lingua del loro territorio.
In attesa dei sunnominati dizionari, per chi volesse conoscere i prodotti in questione onde poterli distinguere e chiamarli con il nome del rispettivo terroir, l’elenco delle Dop e Igp, quello dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali e quello dei Vini Docg, Doc e Igt, con la relativa legislazione e suddivisi per regione e provincia, sono consultabili sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nella sezione Prodotti di Qualità: www.politicheagricole.it.

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