Un “maxi prestito” con il vino come garanzia che ha portato una dote importante di liquidità monetaria elle cantine italiane. È positivo, a quasi un anno dalla sua nascita il bilancio dello strumento del “Pegno Rotativo” applicato alla produzione enoica di maggior pregio del Belpaese, spesso grazie alla collaborazione fattiva tra Consorzi ed Istituti di Credito.
“A neppure un anno dalla sua operatività, il Pegno Rotativo è riuscito ad immettere liquidità nelle imprese vitivinicole per quasi 62 milioni di euro, a costo zero per lo Stato. A beneficiare di questo strumento per l’accesso al credito sono state 95 aziende, principalmente in Toscana dove si registrano ben 55 operazioni per 41,7 milioni di euro, a seguire il Trentino con 18 operazioni per 9,8 milioni e la Lombardia con 13 operazioni per 7,2 milioni. Si tratta di un risultato rilevante se pensiamo che le banche avrebbero potuto continuare a utilizzare gli altri strumenti di finanziamento, messi a disposizione dal Temporary Framework per fronteggiare la pandemia da Covid-19. Nei dati viene peraltro sottostimata la portata della misura, in quanto non tutti gli istituti di credito chiedono di poter registrare il “pegno” sul Sian, il portale informatico del Ministero delle Politiche agricole”.
Parole di Giuseppe L’Abbate, esponente M5S in commissione Agricoltura, che avvio il “Progetto Credito” nel suo ruolo di sottosegretario alle Politiche Agricole.
Il “Pegno Rotativo”, introdotto nel Dl Cura Italia, spiega una nota, è uno degli strumenti messi in campo per aprire le porte degli istituti di credito alle imprese agricole.
“Finora sono tre gli Istituti di Credito protagonisti della misura - prosegue - il più attivo è Monte dei Paschi di Siena con ben 49 operazioni e 18 milioni di euro di crediti concessi alle imprese vitivinicole. Ad aver concesso gli importi maggiori è, però, Intesa Sanpaolo con 27,5 milioni di euro per 16 operazioni. 30 le aziende supportate, infine, da Credit Agricole, che hanno generato 16,3 milioni di euro”.
Operazioni avvenute tutte nel centro e nel nord Italia e concentrate in appena otto province, “dove vi è un’alta vocazione per le produzioni vitivinicole di alta qualità. Il fatto che un prodotto innovativo si sviluppi solo in determinati territori non fa altro che confermare come, in talune zone, vi sia un dialogo aperto tra banche e imprese agroalimentari. Dobbiamo incentivare questo dialogo anche nelle altre regioni italiane affinché il comparto primario possa cogliere appieno le potenzialità degli strumenti messi a loro disposizione” conclude L’Abbate.
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