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IL VINO È IL PIÙ COLPITO

Dal vino che buca i denti a “meglio tagliarlo”, l’“abbuffata” di fake news made in Italy sui social

Non solo, per lo studio “Infosfera” l’89% di italiani non le riconosce, ma per Klaus Davi & Co nel 2021 sono aumentate del 26% anche sui social esteri
FAKE NEWS, FILIPPO GALLINELLA, INFOSFERA, KLAUS DAVI & CO, SOCIAL, Italia
Il vino italiano il più colpito dalla fake news sui social esteri

Quanto è facile “smascherare” una notizia falsa? Non molto in realtà perché a quanto pare il processo è molto più complicato di quanto possa sembrare in apparenza. Secondo il recente studio “Infosfera”, illustrato nei giorni scorsi al “Festival del Giornalismo Alimentare”, l’89% degli italiani non sa riconoscere una fake news. Un dato allarmante e un fenomeno che interessa anche i cittadini stranieri e che colpisce in particolare i social network, diffusori illimitati di notizie dai contenuti la cui attendibilità può a volte essere discutibile. Sui social esteri il nostro settore alimentare è finito nel mirino tanto che nell’ultimo anno ha subito un incremento di bersagliamento di fake news a dir poco sorprendente. Lo certifica uno studio, ancora in fase di realizzazione, dell’agenzia di comunicazione Klaus Davi & Co. in collaborazione con Filippo Gallinella, presidente della Commissione Agricoltura alla Camera, di cui sono state fornite alcune anticipazioni: da gennaio a settembre 2021 le fake news circolate sui social esteri relative ai nostri prodotti alimentari sono aumentate del 26% rispetto all’anno precedente e vanno a colpire tutti i nostri prodotti del food made in Italy indistintamente. E il “web monitoring” ha portato alla conclusione che i maggiormente interessati da questa “guerra” mediatica sono i nostri vini (+28% di fake news), la mozzarella di bufala (+31%), il prosciutto crudo (+19%), il pane (+21%) e formaggi, in particolare il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano (+22%).
Consultando il web e oltre 1.500 post dedicati a temi alimentari sui canali Facebook, Instagram e Twitter dei principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Uk), ma anche di Usa e Canada, emergono alcuni dei luoghi comuni più diffusi, nonché falsi, che circolano sulle nostre eccellenze.
Partendo dai vini, lo scenario delle falsità è quasi apocalittico: “il vino italiano buca i denti, lacera lo smalto e provoca invecchiamento precoce” (28%); “il vino italiano è troppo forte, meglio tagliarlo con quello tunisino” (21%); “il vino italiano è al metanolo”(17%); “i nostri bianchi più celebri non sono più bevibili dopo 5/6 anni dall’uscita sul mercato” (12%); “alcuni vini italiani sono contaminati dal Coronavirus” (5%). E ce ne sono anche la mozzarella di bufala ingiustamente accusata di avere “un alto contenuto di colesterolo” (39%); sconsigliata perché “chi è a dieta non può assolutamente mangiarla, fa ingrassare” (35%). Ed ancora, “non la possono mangiare gli anziani” (22%); “è inadatta per chi pratica sport” (19%) e “c’è anche chi sostiene che la sua produzione sia finanziata dalla camorra” (4%). Per il prosciutto crudo le più gettonate sono queste: “fa ingrassare” (44%); “è più salutare il prosciutto cotto di quello crudo” (31%); “sono fatti dai cinesi con scarti di macelleria” (20%); “non lo possono mangiare le donne in gravidanza” (14%); “i suini da cui si ricava il salume vivono in mezzo ai topi” (8%).
All’estero si sbizzarriscono anche sui formaggi: “le vacche non hanno accesso al pascolo e quindi sono depresse (con particolare focus sul Parmigiano Reggiano)” (32%); “fanno male ai bambini” (27%); “sono assolutamente controindicati per chi ha il colesterolo alto” (21%); “gli animali che forniscono il latte sono pieni di antibiotici” (12%); “mangiare Grana Padano può essere rischioso poiché potrebbe essere contaminato da Covid-19” (3%). Infine, veniamo alle falsità che pullulano sul pane, alimento simbolo della nostra quotidianità: “il pane a cena fa ingrassare” (38%); “il pane senza glutine è quello più salutare” (24%); “è prodotto solo con grano geneticamente modificato” (18%); “viene cotto al forno con scarti tossici” (13%). Anche per il pane, inoltre, non manca chi sostiene “che possa essere contaminato dal Covid-19” (2%).

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