
Si chiamano Brepona, Ottavia, Saccola Bianca, Leonicena, Rossa Burgan, Pontedara, Quaiara e Liseiret e sono i vitigni meno conosciuti della provincia di Verona, oggi però riscoperti e valorizzati da Graspo - Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e biodiversità viticola, fondato da Aldo Lorenzoni (che, a lungo, è stato direttore del Consorzio del Soave, ndr), insieme agli enologi Giuseppe Carcereri e Luigino Bertolazzi. E che, proprio a queste uve, hanno dedicato il loro ultimo volume, “I Vitigni rari di Verona, identità, clima, appassimento”, convinti, come da loro filosofia, che le viti vecchie e l’originale patrimonio ampelografico di ogni territorio possano rappresentare un esempio di successo in termini di resilienza e adattabilità ai cambiamenti dell’ambiente circostante, e che la biodiversità viticola sia una risorsa importante per il futuro della viticoltura.
Nella pubblicazione si racconta della Brepona che per oltre 100 anni è rimasta nascosta tra le vecchie vigne di Garganega, ma che oggi, ritrovata e vinificata in purezza, “si dimostra un bianco moderno e vivace caratterizzato da sapidità e salinità”. La Saccola Bianca e l’Ottavia, invece, individuate in Alta Lessinia, hanno il potenziale rinfrescante tipico dello spumante, visto il loro “profilo tagliente con patrimonio acidico”. La Leonicena “dimostra resilienza alla flavescenza dorata” conservando “freschezza ed acidità” anche “nelle stagioni più calde”, e la Rossa Burgan, nata da un incrocio naturale di Cavrara con Garganega, “non sembra aver bisogno di alcun trattamento” ed è capace di “donare un rosso forse un po’ scarico di colore, ma con un gusto intrigante ed originale”. Colore che, spiegano gli autori del libro, si può riscontrare, invece, nella Pontedara assieme alla sua rusticità e che è “in grado di sorprendere per complessità e potenza nell’esaltarsi con lunghi affinamenti”. Meritano attenzione anche la Quaira, “che non solo può dare un vino rosso speziato e moderno, ma ha una grande responsabilità genetica essendo il genitore dei più famosi Glera e Molinara”, ed il Liseiret che si esprime “con acidità importanti” e il cui patrimonio genetico ha contribuito negli anni “a generare tanti vigneti molto noti come lo Chardonnay, il Gamay e il Riesling Renano”.
Perché una delle tesi sostenute nel libro di Graspo è proprio che tra questi vitigni recentemente ritrovati in Alta Lessinia ed i tanti vitigni storici del territorio veronese esistano legami genetici molto forti quasi da poterli considerare un’unica grande ed identitaria famiglia: un’idea molto suggestiva che andrà, però, dimostrata ricostruendo il pedigree di tutti questi vitigni, in un progetto già in essere al Crea di Conegliano, e che vedrà un’attività di recupero del germoplasma viticolo mediante analisi del Dna con marcatori molecolari per ricostruire i rapporti di parentela di ogni singola varietà di vite.
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