In un Paese dove la cucina è religione, e la ricetta della pasta alla carbonara è un dogma al punto che solo nominare la panna può essere motivo di esclusione da pranzi di famiglia e gruppi WhatsApp, la trasgressione culinaria è vista come una vera eresia: in Italia, il formaggio sullo spaghetto allo scoglio non è solo un errore, bensì un crimine culturale. In questo clima di sacralità gastronomica, uscire dai binari delle tradizioni può costare molto caro. Eppure sono in molti, tra Millennial e Gen Z, a rivendicare la propria libertà d’espressione culinaria, rimpinzandosi di piadine con prosciutto crudo e burro d’arachidi che sollevano ben più di qualche occhiata severa da parte di nonni e genitori. Le nuove generazioni reclamano il diritto di sbagliare a tavola, e si ribellano al “taste shaming”, ovvero il giudizio negativo e sprezzante, mentre sui social diventano virali i “crimini culinari”. Emerge da un sondaggio condotto dallo storico brand di maionese Calvé.
Ma cosa accade quando qualcuno decide di sfidare seriamente le regole della società? Ecco che scatta il cosiddetto “taste shaming”: giudizi al vetriolo, occhiatacce di dissenso, commenti colmi di disprezzo sui social, l’indignazione di parenti e amici pronti a disconoscere il mal capitato che aveva solo voglia di una “piccola” trasgressione culinaria. Gli stessi che ora vogliono ribellarsi e hanno scelto di farlo rivendicando un’epoca di liberazione gastronomica, una sorta di “Rinascimento” di sapori inediti e accostamenti provocatori. “Il taste shaming si configura come meccanismo psicosociale che va oltre il mero gusto culinario, e che può minare il benessere dell'individuo colpendolo nella sua identità - spiega la psicologa Deborah Disparti - il suo impatto è particolarmente evidente tra le generazioni più giovani, che si trovano in una delicata fase di costruzione identitaria e in cui la maggiore sensibilità al giudizio può contribuire a formare un’immagine di sé fragile e inadeguata, il cui rischio è l’isolamento sociale. Rivendicare le proprie preferenze, incluse quelle considerate “crimini culinari”, è un modo per affermare se stessi, al di là degli standard esterni, e adottare un atteggiamento aperto, curioso e non giudicante dei gusti personali, può favorire non solo il benessere individuale, ma anche una cultura più inclusiva, in cui ognuno può trovare piena rappresentazione ed espressione di sé”.
In risposta a questa tendenza è nato quindi il movimento intergenerazionale “anti taste shaming” che promuove invece un approccio più consapevole e rispettoso della storia che ognuno ha con il cibo, tra ricordi, emozioni e storie. Ma quali sono i “guilty pleasure” più amati dai giovani italiani? Ad aggiudicarsi il podio degli abbinamenti che sfidano le regole del buon senso e fanno tendenza: la regina delle ricette salva-tempo, con il 25% delle preferenze, pasta con tonno e maionese presente su tutte le tavole degli studenti fuori sede; al secondo posto spicca la pizza con l’ananas, irrinunciabile per il 21% delle persone intervistate; mentre il cappuccino consumato a pranzo o a cena raggiunge il 17% delle preferenze. È in questo contesto che nasce il menu “anti taste shaming”, ideato con il contributo di celebri chef per dare voce, e sapore, a quelle combinazioni che un tempo facevano storcere il naso, ma oggi rappresentano un nuovo modo di esprimere sé stessi a tavola. Ecco quindi i brownies con la maionese di Anna Zhang, la vincitrice di MasterChef Italia 14, il mini sandwich di tartare di manzo con maionese aromatizzata con olio di sesamo tostato e cipollotto fresco proposto da Eleonora Riso, la vincitrice di MasterChef Italia 13, e i cannoli di polenta ripieni di patate e pulled chicken, con una generosa colata di maionese, proposti dallo chef e food content creator Andrea Mainardi.
“Grazie a questo sondaggio - afferma Martina Grotto, Marketing & Trade Marketing Lead di Unilever -abbiamo osservato con grande interesse un vero e proprio cambiamento culturale nel modo in cui i giovani vivono e condividono le proprie scelte gastronomiche. Non si tratta più di nascondere o giustificare abbinamenti insoliti o considerati “peccati di gusto”, ma anzi di rivendicarli con orgoglio e naturalezza, specialmente sui social media. La nostra community ha dimostrato che questi mix, un tempo guardati con diffidenza o persino giudicati come errori, stanno diventando veri e propri simboli di identità e originalità, conquistando un posto di rilievo tra i nuovi must food. Questo fenomeno racconta una generazione che vuole liberarsi dai pregiudizi e godersi il cibo in modo autentico e senza sensi di colpa”.
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