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Dalla Russia all’Ucraina, al “Cous Cous Fest” 2024 dieci Paesi cucinano nel segno della pace

Gare, incontri e concerti gratuiti a San Vito Lo Capo (20-29 settembre), con chef internazionali che attraverso il cibo promuovono l’integrazione
COUS COUS FEST, SAN VITO LO CAPO, Non Solo Vino
Torna il “Cous Cous Fest” a San Vito Lo Capo (20-29 settembre)

Ci saranno per la prima volta dieci Paesi (di cui alcuni in guerra tra loro) - Russia, Ucraina, Cina, Israele, Palestina, Eritrea, Tunisia, Marocco, Italia e la squadra di Medici senza Frontiere - a gareggiare, in nome della pace, al “Cous Cous Fest” 2024, a San Vito Lo Capo, dal 20 al 29 settembre, evento ormai giunto alla sua edizione n. 27. Sarà dunque una gara speciale quella del Campionato del mondo di cous cous, evento centrale del festival, che mette a confronto chef internazionali in una gara amichevole all'insegna dello scambio tra culture. Alla luce della situazione storica che stiamo vivendo, il festival - che sin dalla sua nascita porta avanti il tema dell’integrazione tra popoli e culture - quest'anno intende lanciare, ancor di più, un messaggio di pace, unione e condivisione sottolineato dallo slogan scelto per l'edizione 2024: “Grains of Peace” (granelli di pace). Ma il fitto programma prevede anche incontri culturali, concerti e spettacoli gratuiti sulla spiaggia della cittadina siciliana.
Ad assaggiare i piatti ci saranno due giurie: una tecnica, formata da esperti di cucina guidati da Oscar Farinetti, e una popolare. Infatti anche il pubblico partecipa alle sfide: basta acquistare i ticket (20 euro, 40 euro la finale), per degustare i piatti, abbinati ad etichette siciliane, e votare le ricette. Per la Cina scendono in campo Giulia Liu e Zuo Cuibing. Giulia Liu, classe 1984, è nata a Wenzhou, nella regione dello Zhejiang. Dopo aver vissuto diversi anni in Emilia Romagna, si trasferisce a Milano dove i genitori aprono il primo ristorante cinese della città. É la fondatrice e proprietaria di “Gong Oriental Attitude”, un ristorante di alta cucina cinese a Milano - aperto nel 2015 insieme al marito Lorenzo - che interpreta, in maniera contemporanea, le antiche tradizioni della gastronomia asiatica. Al suo fianco lo chef Zuo Cuibing: originario di Pechino, è maestro della cucina tradizionale cinese e guida la partita dei wok, cottura tipica che richiede grandi capacità tecniche.
L’Eritrea sarà rappresentata da Biniam Sagai. Nato ad Asmara, è chef e titolare del ristorante “Savana Eritreo” che propone l’autentica cucina eritrea nel cuore di Milano: un viaggio tra colori, profumi e sapori d’Africa. Con la sua passione è riuscito a far conoscere nel capoluogo lombardo uno dei piatti più saporiti della sua infanzia in Eritrea: lo zighinì, a base di carne di manzo, verdure e crema di legumi speziata, e l’injera, un pane tipico sottile e dal gusto piacevolmente acidulo, su cui vengono servite verdure, spezzatini di carne, pesce o legumi. Al “Savana Eritreo” si mangia con le mani, abitudine che favorisce un contatto diretto col cibo e la creazione di un momento conviviale. Israele gareggia con gli chef Tze’ela Rubinstein e Mauro Galigani, coppia anche nella vita, che gestiscono nelle campagne di Lucca “Cooking in Toscana”, ristorante di cucina tradizionale regionale, ma anche luogo di eventi e cooking class. Un luogo dove il concetto “dalla fattoria alla tavola” è uno stile di vita e dove le relazioni sono al centro della connessione alimentare.
L’Italia sarà rappresentata da Antonino Ingargiola, classe 1995, nato a Mazara del Vallo, chef del ristopub “Bik Bak” di San Vito lo Capo. Amante dei sapori e dei colori della tradizione siciliana, ha lavorato anche in ristoranti stellati, come il tre stelle Michelin “Geranium” di Copenaghen eletto miglior ristorante al mondo nel 2022, e il ristorante “Mec”, una stella Michelin a Palermo.
Per il Marocco in gara ci saranno la coppia di chef Chaoui Hanae e Mourad Dakir. Chaoui Hanae è una chef imprenditrice nata a Fes, che nel 2022 ha aperto a Milano “La Medina”, bistrot con sala da tè, specializzato in cucina e pasticceria marocchina. Al suo fianco il marito Mourad Dakir, nato a Tata, nel sud del Marocco, chef e titolare di “Maison Touareg”, il primo ristorante marocchino a Milano (2017). Mourad è un maestro del Cous cous fassi, specialità tipica agrodolce, a base di pollo, zucca, carote e marmellata di cipolla, uvetta, cannella e miele. La Palestina schiera invece Shady Hasbun e Samia Sowwan. Nato a Firenze da madre grossetana e padre palestinese, Shady Hasbun cresce in Palestina, dove viene influenzato dalle culture culinarie toscane e mediorientali. L’amore per la cucina si concretizza ad Arezzo, dove decide di trasformare la sua passione in professione. Diventa insegnante e nel 2012 avvia il progetto del Social Cooking, che nel 2016 si evolve in Chef Shady FoodExperience, un laboratorio culinario sull'interazione e lo scambio di esperienze. Samia Sowwan, palestinese, nasce in Libano a Beirut, ma arriva in Italia nel 2001. Iscritta alla Culinary Academy, lavora al ristorante “Simbiosi” di Cinquale, a Forte dei Marmi.
Per la Russia e l’Ucraina gareggiano due chef che lavorano nello stesso ristorante, il “Veranda” a Milano, che propone cucina ucraina, russa, georgiana e bielorussa. Hanna Yefimova, chef e patron del locale, rappresenterà l’Ucraina, con papà russo e mamma ucraina. La storia di Hanna dimostra come i confini siano nella testa degli uomini, sulla carta, non nelle tradizioni culinarie. Ai fornelli per la Russia Evgeniy Romanov, classe 1984, che al ristorante Veranda è specializzato nella cucina tradizionale russa. Anche se i genitori volevano che diventasse avvocato, decide di intraprendere la strada della ristorazione, seguendo la sua passione per la cucina. Ha iniziato il suo percorso nel 2002, lavorando in ristoranti di cucina russa, ucraina, georgiana, cinese, giapponese, francese e mediterranea. La Tunisia gareggia con un’altra coppia di chef, Amine e Sahla Marrakchi, entrambi di Sfax dove lavorano al ristorante “Doigts D’or", nel cuore della Medina. Amine si diploma alla scuola alberghiera di Djerba, Sahla in pasticceria ma entrambi hanno lavorato nella formazione di chef in cucina tunisina per la catena Iberostar. Dopo il matrimonio, partecipano come giurati in numerosi concorsi gastronomici e a Marsiglia hanno preparato, in un solo giorno, cous cous per più di 1.400 persone.
La decima squadra in gara sarà quella promossa da Medici Senza Frontiere, anche quest’anno charity partner del festival, che per questa importante occasione ha formato squadra davvero “senza frontiere”, capitanata da Cesare Battisti, chef e oste del ristorante Ratanà a Milano e composta dal suo sous chef Davide Politi e dallo chef senegalese Mbaye Mbow. Battisti è considerato oggi uno dei cuochi più rappresentativi della cucina di tradizione rivisitata e di qualità, attenta all’utilizzo di materie prime eccellenti provenienti da piccoli produttori e incentrata sui temi della sostenibilità alimentare, ma anche economica, ambientale e sociale, e ideatore del progetto di integrazione culturale per l’inserimento sociale ed economico per i richiedenti asilo “Marcel Boum”.
“Siamo felici e onorati di essere nuovamente partner del Cous Cous Fest, quest'anno anche attraverso il nostro coinvolgimento al Campionato del mondo - dichiara Chiara Magni, Head of Public Engagement di Medici Senza Frontiere - come organizzazione medico-umanitaria indipendente che da oltre 50 anni opera in tutto il mondo, sappiamo bene quanto il cibo rappresenti una risorsa fondamentale cui ancora troppo spesso le persone non hanno accesso, e al contempo uno strumento di integrazione prezioso fra le culture. È questo il messaggio che vogliamo portare al Cous Cous Fest, e ringraziamo Cesare Battisti, Mbaye Mbow e Davide Politi per aver accettato questa sfida al nostro fianco”. “Da 17 anni ormai - spiega Francesco Formisano, ceo Bia Cous Cous - sosteniamo questo festival internazionale dell’integrazione culturale, che celebra il cous cous come piatto della pace. Il nostro cous cous è esportato in 50 Paesi e da sempre abbiamo a cuore i temi dell’internazionalizzazione e dell'integrazione, in quanto parliamo di un alimento che viene consumato quasi in tutto il mondo, con un occhio di riguardo anche per la sua salubrità e sostenibilità”.

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