
Il turismo enogastronomico ha un impatto sul Pil nazionale di oltre 40 miliardi di euro ed è un settore che conta 14,8 milioni di turisti enogastronomici italiani. Le cantine, dal canto loro, si confermano le “mete” preferite, con il 40% dei turisti italiani che dichiara di averne visitata almeno una nel corso dei viaggi più recenti, contro il 32% del 2024 e il 29% del 2021. Inoltre, tra le icone enogastronomiche italiane, il vino primeggia con il 38,1% delle preferenze, con la visita alle cantine con degustazione di vini che viene considerata dai viaggiatori italiani come l’esperienza enogastronomica più memorabile vissuta nel corso dei propri viaggi (26% delle preferenze). Sono i numeri forniti dall’ultimo “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” 2025 di Roberta Garibaldi, presidente Aite-Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, che confermano l’enorme potenziale di crescita del settore, nel quale, però, mancano i profili professionali in grado di sostenerne lo sviluppo, dal product manager all’hospitality manager, ovvero alcune di quelle figure reputate chiave per sviluppare un’offerta turistica integrata e promuovere esperienze sia in Italia che all’estero. Così è stato messo a punto il “Libro Bianco sulle professioni del turismo enogastronomico”, redatto proprio dall’Aites, in collaborazione con UnionCamere, Città dell’Olio, Città del Vino, Cna Turismo e Commercio, Coldiretti, Confartigianato Turismo, Consulta Nazionale Distretti del Cibo, Federazione Nazionale delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e Unione Italiana Vini-Uiv, e presentato, oggi, a Unioncamere a Roma.
E che si propone di restituire una visione sistemica e integrata dei processi di lavoro ponendo le basi per una chiara definizione di mansioni e competenze giudicate necessarie per lo sviluppo sostenibile del turismo enogastronomico, e per facilitare l’integrazione del turismo nelle realtà produttive. Come spiega l’Aite infatti, la maggior parte delle aziende apre solo parzialmente al pubblico e lo fa perlopiù durante la settimana, quando ci sono meno visitatori e molto sentita è proprio la mancanza di un numero adeguato di figure professionali in grado di rendere indimenticabile l’esperienza del turista. Ma attraverso una formazione adeguata e la definizione precisa di quelle che sono le professioni del turismo del gusto, è possibile sbloccare potenziale aggiuntivo sia in termini di valore economico che di nuovi posti di lavoro.
Un’indagine esplorativa, coordinata da Roberta Garibaldi, ha voluto comprendere le modalità organizzative e le criticità connesse alla gestione dell’offerta turistica nelle aziende agroalimentari e vitivinicole, evidenziando tendenze costanti e necessità strutturali comuni, pur emergendo differenze in funzione dell’affluenza turistica. Sono 5 i profili-chiave individuati: dal product manager, con l’obiettivo di sviluppare un’offerta turistica integrata che valorizzi il patrimonio enogastronomico locale, all’hospitality manager, che si occupa della pianificazione, dall’organizzazione e gestione dei servizi turistici, promozione e coordinamento, alla vendita diretta, passando per l’addetto alle visite, il consulente di turismo enogastronomico e il curatore di esperienze enogastronomiche.
“Il turismo enogastronomico italiano rappresenta oggi un settore in forte espansione, ma per sostenere questa evoluzione e renderla strutturale, è indispensabile adottare un linguaggio condiviso in tema di competenze professionali - ha affermato Federico Sisti, segretario generale Camera di Commercio dell’Umbria - il “Libro Bianco” assume un ruolo strategico, un lavoro corale che mira a definire con chiarezza ruoli, mansioni e abilità richieste”.
“Il turismo è un settore in continua evoluzione che richiede un monitoraggio attento e costante - ha sottolineato Gianluca Caramanna, consigliere del Ministero del Turismo - per vincere le sfide del futuro occorre innalzare la qualità dell’offerta turistica e investire sulla formazione”.
“L’Italia è una delle mete europee privilegiate per questo tipo di turismo che incrocia la complessità della filiera alimentare e della tutela paesaggistica. Occorrono competenze ed esperienze perché l’offerta sia qualificata e attendibile - ha detto Dario Nardella, europarlamentare in Commissione Agri - mancano, però, scuole e centri di alta formazione adeguati e sufficienti per rispondere a questa esigenza. Mi impegnerò a chiedere al Parlamento Europeo uno studio su questo settore e sulle sue potenzialità di sviluppo che seguirà ad un’iniziativa già avviata per un progetto pilota sul turismo enogastronomico già sottoposto all’attenzione della Commissione Europea”.
E in riferimento alla professione di hospitality manager, Roberta Garibaldi ha spiegato come “l’investimento in questa figura professionale potrà determinare un numero particolarmente alto di assunzioni nei prossimi anni: le intenzioni delle aziende oscillano, infatti, tra il 33% ed il 71% in base alla loro dimensione”, mentre riguardo al curatore di esperienze enogastronomiche “si pone come un ponte tra il turismo stesso e l’enogastronomia. Definire e valorizzare con un percorso professionale questa figura permetterebbe di valorizzare il potenziale dei laureati in Scienze Gastronomiche, dei sommelier, degli esperti di formaggi o dei ristoratori che vogliono estendere il proprio contributo al settore”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025