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MERCATO USA

Dazi Usa, colpita anche l’Italia del vino: i numeri dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor

A dicembre 2019 il vino del Belpaese ha perso il 7% in valore sullo stesso periodo 2018, con i vini fermi a -12%. La Francia giù del 36%
DAZI, USA, VINO ITALIANO, Italia
Dazi Usa, ripercussioni anche il vino italiano

Sembrava che l’Italia fosse la grande esclusa dai dazi Usa, le tariffe imposte dall’amministrazione di Trump che hanno colpito prodotti provenienti dall’Unione Europea, e che hanno fatto tremare il settore agroalimentare ed enoico, in particolar modo i vignaioli di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. E, invece, numeri che arrivano dagli Usa sono tutt’altro che positivi, anche per il Belpaese: i dati dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i nuovi numeri delle dogane Usa sui 12 mesi 2019, mostrerebbero come la guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa abbia creato negli ultimi mesi una serie di dinamiche negative, e che a farne le spese è stata anche l’Italia che, a dicembre, ha perso il 7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i suoi vini fermi. In questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi vede i propri fermi cadere a -36% e la Spagna a -9%. Per contro, volano le forniture da parte del Nuovo Mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che sale a +40% a valore e il Cile, a +53%.
“Ciò che emerge - spiega il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini - è uno scenario di forte incertezza sui principali mercati mondiali della domanda di vino, e questo è un fattore chiave da affrontare nell’anno in corso. Gli Stati Uniti ci consegnano un mercato che nel 2019 è aumentato nell’import globale - probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi - per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale. Anche l’Italia chiude in crescita, sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti”.
E c’è da ricordare come quello degli Stati Uniti sia uno dei mercati fondamentali per il settore enoico, visto che, solo nel 2019, gli States hanno importato vino per un valore complessivo di 5,55 miliardi di euro, in crescita del 5,7% sull’anno precedente, grazie alla corsa della domanda di spumanti (+11,1%). Tra i principali fornitori, è sempre testa a testa tra la Francia, a 1,92 miliardi di euro (+7,7%), e l’Italia (+4,2%) a 1,75 miliardi di euro, mentre è ottima la performance della Nuova Zelanda anche nei 12 mesi del 2019 (+11,9).
“Assistiamo a un mercato confuso - ha detto il direttore generale Veronafiere, Giovanni Mantovani - contrassegnato prima da una corsa alle scorte e poi da grandi incertezze. Un clima che certo non giova agli scambi, fin qui molto positivi, e che speriamo possa cambiare il prima possibile. Per questo confidiamo nell’odierna missione negli Usa del commissario al Commercio, Phil Hogan, e nell’ottimismo rappresentato in questi giorni dal Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. La speranza è poter arrivare al prossimo Vinitaly in un rinnovato regime di pace commerciale con il nostro storico partner”.

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