C’è chi, nel mondo dell’alta ristorazione, quel lato imprenditoriale, oggi al centro del dibattito quando ci si interroga sul futuro osservando che sempre più chef, dal loro ristorante-simbolo, aprono più locali, con proposte diverse, magari più economiche, ce l’ha da tempo. “Quanto abbiamo aperto il ristorante Piazza Duomo, al pianterreno, sulla piazza, abbiamo aperto fin da subito anche La Piola, la nostra brasserie, il “prêt-à-porter” per accontentare tutti, con proposte e prezzi diversi”, ricorda a WineNews Enrico Crippa, chef tre stelle Michelin del celebre ristorante di Alba, indirizzo di culto per i gourmand aperto nel 2005 con la famiglia di vigneron piemontesi Ceretto. Al piano terra la tradizione culinaria piemontese, al primo piano, la creatività ricercata.
Ma, per Crippa, tra i fattori “x” che decretano il successo, anche la location conta molto: “nelle Langhe, ora anche Patrimonio Unesco, c’è lavoro tutto l’anno, ma capisco che in alcune province o città la clientela si concentri soprattutto la sera e nel fine settimana”. Da qui, la necessità per lo “chef-imprenditore”, di proporre offerte diverse, per mantenere, con i costi che ha, un ristorante importante. Prima difficoltà, oggi per Crippa, insieme al fatto che non è facile trovare ed avere sempre a disposizione personale professionalmente di livello “che si prende a cuore il cliente”. Un cliente che, specie in tempi “duri” in cui si è in cerca di sicurezze, spera di trovarle almeno a tavola, soprattutto in un ristorante dove si ricercano “esperienze” e si paga di più. Questo forse, per Crippa, ha lasciato un po’ meno spazio all’innovazione, ma le novità, nei locali come in cucina, nell’alta ristorazione ci saranno sempre, è “nell’indole dei suoi chef”. Il vino? Resta una fonte di guadagno, “specie qui: si viene in Langa per il cibo e per il vino, e per il vino e per il cibo”.
“Prima, dirimpetto ad un ristorante importante, c’era chi faceva catering - spiega lo chef Enrico Crippa - poi, forse, entrato “in crisi” per il calo della domanda. Allora si è pensato ad aprire cose più semplici, come le trattorie vicino al ristorante importante. Anche perché al ristorante si concentra soprattutto la clientela della sera, e allora in molti hanno optato per chiuderlo durante il giorno, ed aprire locali con proposte più veloci per il pranzo, ma aperti anche la sera per chi non ha tutti i giorni la possibilità di spendere di più. Dipendo molto anche da dove sei. Noi ad Alba nel territorio delle Langhe, ora anche Patrimonio Unesco, fortunatamente riusciamo ad avere una mole di lavoro molto equilibrata su tutto l’anno, sia a pranzo che a cena. Capisco però che in determinate province o in alcune città, il ristorante concentri i suoi clienti la sera e nel fine settimana, e che quindi, per non rischiare di fare troppo poco incasso per andare avanti con i costi che ha un ristorante importante, si sia sviluppata questa tendenza”.
Dall’aspetto pratico, alla creatività, dall’innovazione dei locali a quella in cucina, in giusto mix, secondo lo stellato Crippa “oggi c’è sempre campo aperto all’innovazione, a ricette nuove e piatti da sperimentare con i propri clienti. Ma bisogna riuscire a trovare il giusto compromesso tra il piatto innovativo, più “difficile” da capire, con il piatto più “facile” e gestibile con più clienti possibili. Una volta che il cuoco riesce a trovare questo equilibrio - aggiunge Crippa - tra quello che vorrebbe fare lui di innovativo e quello che la clientela può capire più facilmente, la formula è quella giusta. Ma ci sarà sempre iniziativa di creare qualcosa di nuovo in cucina. In determinati momenti di difficoltà anche economica in Italia come all’estero, il cliente quando si mette a tavola e soprattutto in un ristorante importante, dove ci sono un’esperienza in gioco e costi più elevati, richiede una certa sicurezza, piacevolezza, ma anche sicurezza: questo forse ha fatto in modo che in questi ultimi tempi ci fosse un po’ meno creatività. Ma siamo fatti così, noi chef pensiamo sempre a cose nuove, a stupire, a cercare gusti o a far tornare alla mente quelli dimenticati”.
A proposito di gusti di una volta, e più che altro di contaminazioni in cucina, “c’è stata - secondo Crippa - un’evoluzione di pari passo con quella del mondo moderno. Se penso alla mia mamma che è andata in viaggio di nozze a Capri, e noi invece andiamo dall’altra parte del mondo, le contaminazioni della nostra vita, influenzano anche il cibo. Chi è andato in vacanza in Giappone o in Messico, per esempio, e quando torna va in un ristorante etnico per riassaporare i gusti di quei luoghi. Poi ci sono le influenze che arrivano dalle contaminazioni delle grandi città, che ogni giorno vediamo nelle facce diverse della gente, di etnie anche diverse, che si sposta per lavorare, per amore, per curiosità. Fortunatamente in Italia abbiamo una forte tradizione di cucina, regione per regione, che rimane radicata e che non perderemo mai, ma la nostra indole curiosa, ci fa mettere quella punta di spezia lì, piuttosto che lo zenzero da un’altra parte. Le contaminazioni più importanti - spiega lo chef - si sono avute dal mondo asiatico, e in particolare da quello giapponese, e ultimamente anche dai Paesi dell’America Latina”.
Nella ristorazione di qualità “lati critici non dovrebbero esserci - dice Crippa - ci sono varie difficoltà, come quella che dicevo prima di un’impresa di alta ristorazione, stellata, con punteggi elevati o con un certo numero di dipendenti, può fare fatica a gestire tutto quanto, perché i costi sono elevati. Se uno ha un ritmo di lavoro soddisfacente, ma non ha entrate di catering o di trattorie parallele, può fare fatica. Altro aspetto è riuscire ad avere sempre personale professionalmente preparato per questi livelli, a partire per esempio dalla figura del maître di sala, che si prende a cuore il cliente da quando arriva a quando riprende il cappotto per andare via. Purtroppo ormai tutti quanti vogliono fare cucina e sommellerie ...”.
Alla domanda, di rito, sul vino nell’alta ristorazione, Crippa risponde che il vino è “assolutamente una fonte di guadagno. Ancor di più se parlo io da Alba, terra del Barolo e del Barbaresco. La gente viene in Langa per il cibo e per il vino, e per il vino e per il cibo. Si viene a visitare una cantina, si degustano i vini, e la sera si assaggiano altre etichette al ristorante”. Vanno a braccetto, da sempre.
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