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ATTUALITÀ

Distillati, bene l’export ma frena il mercato interno. I rincari incideranno sul prezzo finale

Il bilancio del settore in assemblea AssoDistil n.76, l’associazione che rappresenta oltre 60 distillerie industriali
ASSODISTIL, Distillati, DISTILLERIE, Non Solo Vino
Il mercato dei distillati

Buoni segnali dai mercati esteri, ma con difficoltà legate alla crescente inflazione e all’aumento dei costi delle materie prime ed energetiche: in assemblea AssoDistil n.  76, l’associazione che rappresenta oltre 60 distillerie industriali, pari al 95% della produzione nazionale di acquaviti e di alcol etilico, sono stati presentati anche i dati sull’andamento del mercato dei distillati, che si trova a fare i conti con la crescente inflazione e l’aumento dei costi delle materie prime ed energetiche. Secondo i dati Format Research la metà delle imprese del settore lamenta un incremento dei prezzi e servizi di energia elettrica e gas superiore al 40% accanto all’aumento dei costi delle materie prime per cui un’impresa su quattro ha registrato rincari superiori al 20%. Per fronteggiare l’effetto dei rincari l’86% delle imprese dei distillati hanno rivisto o prevedono di rivedere al rialzo i prezzi praticati, mentre l’80% di questa ha valutato o sta valutando nuovi fornitori.
In questo scenario molto complesso l’istituto di ricerca Nomisma ha evidenziato come il mercato della grappa mostri luci ed ombre, per effetto di trend differenti fra i diversi canali di consumo. Un segnale positivo proviene dall’aumento dei volumi esportati, con un incremento a valore superiore di quello a volume che dimostra un aumento dell’immagine del valore percepito per la grappa dai consumatori esteri. Nella distribuzione moderna nazionale, nei primi sei mesi dell’anno si assiste, invece, a una diminuzione delle vendite di grappa del 7% in valore rispetto al primo semestre del 2021 (fonte: NielsenIQ). La contrazione colpisce anche il canale dell’e-commerce con una diminuzione dei valori venduti del 15%. In entrambi i casi si tratta di dinamiche che sono trasversali all’intero comparto beverage: nel medesimo periodo si riducono infatti anche le vendite in Gdo di vino (-6%) e spirits (-3%).
La riduzione degli acquisti di grappa nel canale retail (fisico ed online), oltre ad esser influenzata all’attuale congiuntura, è da ricondurre in primis alla forte ripresa dei consumi nell’Horeca, canale strategico per il settore e da dove prima della pandemia passavano più della metà dei consumi di spirits del nostro Paese. A conferma di ciò, nei primi sei mesi del 2022 le vendite nel canale Cash & Carry, format distributivo nel quale si riforniscono ristoranti e bar e che, dunque, può esser considerato una proxy delle tendenze del canale Horeca, hanno registrato una crescita del 31% sul 2021. Come ha spiegato Emanuele Di Faustino, senior project manager Nomisma, “nel primo semestre 2022 il mercato della grappa - al pari di quello del vino e degli spirits in generale - ha registrato una contrazione delle vendite in Gdo a fronte però di una forte ripresa dei consumi nel canale Horeca. Tuttavia, la crisi energetica, la crescente inflazione e il conseguente calo del potere di acquisto dei consumatori rischiano di frenare i consumi fuori casa degli italiani, nel secondo semestre 2022, con impatti negativi anche il mercato della grappa”.
Nel primo semestre 2022 l’export di grappa ha fatto registrare 28 milioni di euro contro i 24 milioni dello stesso periodo del 2021 che si traduce in +17% in valore e +9% in volume. Tra i mercati internazionali che apprezzano di più la grappa vi è la Germania che da sola concentra ben il 59% dell’export di settore. “I dati sull’export sono incoraggianti e la testimonianza di un lavoro capace di privilegiare l’eccellenza italiana che sta dando i suoi risultati - ha spiegato Cesare Mazzetti, presidente del Comitato Nazionale Acquaviti AssoDistil - ed il filo diretto che ci lega ai lavori che sta portando avanti la Commissione europea per riformare il testo unico delle indicazioni geografiche va proprio in questa direzione: rendere la filiera delle nostre aziende sempre più competitiva”.
Nei lavori, Paolo De Castro, eurodeputato e primo vice presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Ue, ha ricordato che “è un momento importante perché, per la prima volta, la riforma del testo unico delle indicazioni geografiche comprende anche le bevande spiritose e i prodotti alcolici. Gli obiettivi sono quelli di rafforzare sia i consorzi che le tutele ai prodotti. In Italia abbiamo un comparto straordinario nelle indicazioni geografiche per il settore del vino, spirtis e food. Ci auguriamo che, con questa normativa europea, si possano fornire nuove armi non solo di protezione e di tutela, ma anche di sostengo del mercato. Il lavoro è appena iniziato, ma contiamo di avere un nuovo regolamento entro la presidenza spagnola del prossimo anno”.
Per Antonio Emaldi, presidente AssoDistil, “il settore distillatorio si è contraddistinto in questi anni per lungimiranza e strategia. Due caratteristiche che lo hanno portato ad essere un comparto solido e competitivo in un mercato globale. Per riuscire a superare questa crisi economica ed energetica però non bastano le idee, servono fatti. Auspichiamo che il nuovo Governo che si insedierà nelle prossime settimane non adotti meccanismi di ulteriore inasprimento dell’imposizione fiscale sugli spirits, onde evitare un altro colpo al settore già in forte difficoltà per la difficile congiuntura economica”.
Tra le battaglie portate avanti dall’AssoDistil, nel 2022, c'è quella relativa alla diffusione del bioetanolo nel nostro Paese. Il recepimento della direttiva sulle fonti rinnovabili Redii, che prevede che i fornitori di benzina, diesel e metano di conseguire, entro il 2030, una quota pari al 16% di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi a consumo, ha rappresentato una tappa importante per lo sviluppo dei biocarburanti e in particolar modo per il bioetanolo avanzato, un biocarburante 100% rinnovabile che consente di ridurre le emissioni di almeno il 75% rispetto ai carburanti fossili. AssoDistil ha stimato che l’impatto potenziale di produzione del bioetanolo necessario in Italia, entro il 2030, potrebbe generare 46.000 nuovi posti di lavoro tra industria e filiera agricola italiana, grazie anche alla realizzazione di almeno 15 nuovi impianti. “Stiamo affrontando una crisi energetica senza eguali - ha ricordato Filippo Gallinella, presidente Commissione Agricoltura Camera dei Deputati -. L’intervento del Governo che vorremo portare avanti è quello di alleviare i costi produttivi delle imprese prendendo risorse dalla crescita economica e non alimentando il debito pubblico”.
La virtuosità del settore distillatorio si misura anche dalle numerose e crescenti iniziative tese a produrre energia rinnovabile a partire dai residui e dagli scarti di produzione. Secondo i dati forniti da Format research il 73% delle imprese distillatorie ritiene importante essere percepito come sostenibile. Molte hanno saggiamente investito negli anni in impianti di produzione e biogas. Nel caso della filiera vitivinicola le distillerie ritirano ogni anno oltre 700.000 tonnellate di vinacce e oltre 200.000 tonnellate di fecce, sottoprodotti delle cantine, valorizzandoli e sgravando i produttori di vino da oneri di smaltimento molto pesanti, ed evitando le emissioni di 500.000 tonnellate di CO2 all’anno. La valorizzazione dei residui di lavorazione, che vengono convertiti infine in biogas, rende il processo di distillazione realmente circolare dove le materie prime agricole possono essere trasformate in prodotti a valore aggiunto ed energia verde, e ritornano in campo alla fine del processo sotto forma di ammendanti, compost e fertilizzanti.
Nei lavori sono stati presentati alcuni dati relativi alla produzione nazionale italiana di acido tartarico naturale. Nel 2021 la produzione italiana è stata di 16.300 tonnellate, in linea con il trend degli ultimi anni e riconfermando il nostro Paese come leader mondiale. Una leadership che deve fare, però, i conti con l’acido tartarico sintetico cinese: nel mondo nel 2020 le esportazioni hanno raggiunto un volume di 48.000 tonnellate con l’Europa che resta il principale Paese destinatario con una quota preponderante del 32%. La forte esposizione dell’Ue all’import di acido tartarico dalla Cina, senza adeguati meccanismi, spiega una nota Assodistil, che permettono di distinguere tra i due prodotti, mette a rischio la competitività delle imprese italiane che producono acido esclusivamente di origine naturale. Allo scopo di difendere la competitività dei produttori nazionali, Assodistil sta lavorando per il riconoscimento a livello normativo della differenziazione tra i due prodotti, essenziale alla tutela dei consumatori e per la corretta coesistenza sul mercato delle due tipologie di acidi.

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