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Dopo il “politicamente” il “gastronomicamente corretto”: il mondo verso un unico modello alimentare

La denuncia di Diego Fusaro: “il menù del mondo globalizzato mette al bando vino, olio, carni, pane, e il diritto alla differenza e al locale”

“L’uomo è ciò che mangia”: se è da questa frase del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, diventata l’aforisma sul cibo più citato di sempre - un vero e proprio “tormentone”, già nell’Ottocento, come spiega l’antropologo Marino Niola - che la filosofia ha iniziato a ragionare sul valore filosofico del mangiare in quanto tale e solo in tempi recentissimi - da quando, cioè, ha iniziato ad essere minacciato e nel mondo avanza un unico modello alimentare in nome del “gastronomicamente corretto” soprattutto per l’ambiente e la salute - si è cominciato a ragionare del valore culturale della tavola, da sempre l’uomo costruisce la sua identità sociale e culturale anche intorno ai propri pasti. Perché la filosofia del mangiare bene è quella in cui il cibo alimenta le teste oltre che le pance. Un pensiero, sempre più attuale, che il filosofo Diego Fusaro per il quale “sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico e culturale”, mentre “togliere il vino dalla tavola significa perdere una parte della nostra civiltà”, ha spiegato nel volume “La dittatura del sapore”.
Nel suo libro (Rizzoli Editore, 2024, pp. 240, prezzo di copertina 18 euro), il filosofo gourmet piemontese - amante del Barolo e dei tajarin con il tartufo bianco d’Alba, come ha raccontato in una recente intervista al quotidiano “La Verità” - afferma come le armi di resistenza contro il “gastronomicamente corretto” sono proprio i piatti delle diverse tradizioni regionali italiane - quelle grazie alle quali la Cucina Italiana è oggi Patrimonio Unesco - che lottano contro l’avanzare di hamburger di carne sintetica, panini con i grilli, patatine di farina di mosca: in nome del rispetto dell’ambiente e della salute, il nuovo menù del mondo globalizzato mette al bando ciò che per secoli ha plasmato la nostra identità alimentare, dal vino all’olio d’oliva, dalle carni al pane, annientando ogni diritto alla pluralità, alla differenza e al locale. Anche a tavola, nel modo in cui pensiamo, produciamo, prepariamo, gustiamo il cibo, si sta assistendo all’imposizione di un unico modello ammesso e autorizzato: il nuovo codice “gastronomicamente corretto”, applicato allo stesso modo in ogni angolo del pianeta, non è altro che la variante alimentare del politicamente corretto, proprio come il piatto unico è l’equivalente del pensiero unico. Diego Fusaro punta il dito sulla deriva in corso, ne smaschera la grigia ideologia omologante, ne denuncia gli effetti disastrosi - perdita della convivialità, della valenza simbolica e culturale del cibo, aumento delle disuguaglianze e dell’asimmetria tra i primi, magrissimi, e gli ultimi, spesso obesi.
Diego Fusaro insegna Storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici (Iassp) di Milano, dove è anche direttore del Dipartimento di Filosofia politica. È attento studioso della storia del marxismo e dell’idealismo tedesco e italiano, nonché interprete controcorrente del presente. Si considera allievo indipendente di Hegel e Marx. Collabora abitualmente con i quotidiani “Il Fatto Quotidiano” e “Il Giornale d’Italia”.

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