02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

Dopo l’olio tunisino, arrivano le arance marocchine: gli accordi commerciali voluti dalla Ue agitano il mondo agricolo. Guidi (Confagricoltura): “la globalizzazione va governata”. Ma, come ricorda Farinetti, “il protezionismo non serve a niente”

Dopo l’olio tunisino, arrivano le arance marocchine a impensierire gli agricoltori italiani ed europei, che si sentono sempre più penalizzati da accordi commerciali, siglati a livello comunitario, che ritengono perlomeno squilibrati. A riaprire il dibattito, come sottolinea il presidente di Confagricoltura Mario Guidi, sono le conclusioni dell’avvocato della Corte di Giustizia di Lussemburgo che hanno messo in dubbio la validità e l’applicabilità dell’accordo Ue - Marocco al territorio del Sahara ex spagnolo, e quindi la ratifica (avvenuta ieri, ndr) del Parlamento europeo dell’accordo di partenariato economico tra Ue ed il gruppo degli Stati della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe. “Siamo di fronte ad intese che hanno delle conseguenze rilevantissime per i nostri agricoltori - osserva Guidi - in particolare l’accordo di partenariato economico tra Ue e Stati della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, che rischia di determinare una ulteriore penalizzazione per i nostri prodotti agricoli, in particolare per alcuni di essi (come gli agrumi) essenziali per taluni distretti produttivi. Abbiamo sempre chiesto alle istituzioni ed alla politica di valutare con oculatezza decisioni come queste. La globalizzazione e l’incremento degli scambi vanno governate con scelte lungimiranti, che devono essere un buon affare per tutti”.

Del resto, l’Europa a 28 impone dazi decisamente più bassi di qualsiasi altro concorrente all’importazione dei prodotti agricoli: appena il 12,2%, contro, ad esempio, il 24,7% della Tunisia, il 27,4% del Marocco, il 30,3% del Sudan, il 31,3% della Thailandia, il 33,4% dell’India, il 36,1% della Svizzera, il 42,2% della Turchia, il 51,2% della Norvegia, il 52,7% della Corea del Sud e addirittura il 60,6% dell’Egitto. Quasi tutti Paesi esportatori, con un potere d’acquisto sui mercati internazionali decisamente limitato, e del resto che l’Italia, per rimanere nei confini nazionali, non sia autosufficiente in diversi settori agricoli è un dato di fatto. Ed a ricordarlo, con un’intervista a “la Repubblica” (www.repubblica.it), ci ha pensato il patron di Eataly Oscar Farinetti, ricordando che “il rilancio dell’agricoltura e dell’allevamento tricolore non può passare dal protezionismo, ma da una scelta di qualità e trasparenza”. Che passa necessariamente per le importazioni: “in Italia - continua Farinetti - produciamo 4 milioni di tonnellate di grano l’anno, ma ce ne servono tra 7 e 8, e dobbiamo importarlo per forza, il nostro Paese è troppo piccolo, ha solo lo 0,2% delle terre emerse e appena 14 milioni di ettari coltivabili”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli