Non solo preoccupazioni da mercati e caro prezzi, ma anche buone notizie per il vino italiano: in due anni, nonostante la pandemia, sono cresciuti i consumatori, soprattutto tra i giovani. Le battaglie salutiste non spaventano più di tanto i wine lover: per la maggior parte di loro non fa affatto male un consumo moderato (e solo 1 su 10 sa cosa sia il famigerato Nutriscore). Biologico e vitigni autoctoni sono tra i valori più importanti nella scelta, ma cresce anche il consumo di vino per la mixology. Sono i principali trend che emergono dall’ultima indagine “Gli italiani e il vino”, presentata, oggi, a Roma, nel lancio Vinitaly 2022 (n. 54), di scena a Verona dal 10 al 13 aprile, firmata dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha voluto confrontare il rapporto tra gli italiani e il vino con un sondaggio molto simile a quello realizzato nel 2019.
Come prima, dunque, più di prima: il gradimento degli italiani per il vino rimane altissimo, ancora più alto rispetto all’ultimo periodo pre-Covid. Nell’ultimo anno l’89% degli italiani ha, infatti, bevuto vino - dato in crescita rispetto a 3 anni fa - per effetto soprattutto di un’impennata della platea di giovani maggiorenni, protagonisti di un approccio moderato e consapevole. Emerge così un quadro di immutata passione verso la bevanda principe del Belpaese a cui si aggiunge una accresciuta curiosità da parte dei giovani. Sul 2019 i consumatori appartenenti a Generazione Z e Millennials (18-41 anni) sono, infatti, considerevolmente aumentati sul piano numerico (dall’84% al 90%) ma non sulle quantità, mentre rimane invariata l’incidenza dei consumatori della Generazione X (89%, 42-57 anni) e si abbassa la quota dei Baby Boomers (over 57 anni), che perdono il primato della numerosità (non della frequenza al consumo) passando dal 93% al 90%.
Rispetto a solo 3 anni fa sono diversi, invece, i caratteri di novità anche legati alle tipologie preferite. Secondo l’indagine, il trend di crescita più marcato riguarda i consumi di vini mixati - principalmente gli spritz - che incontrano una penetrazione del 63% della platea (vs il 56% del 2019). Incrementano bene anche tutte le altre tipologie, con gli spumanti, i rossi e i bianchi, tutti all’81% (erano al 77%) e i rosati al 63% (vs il 57% nel 2019). Ma numerosità non fa sempre rima con quantità: lo spumante, ma anche i rosati e lo spritz sono infatti oggetto di consumi saltuari, in particolare da parte degli under 40, con una quota di chi li beve settimanalmente sotto il 20%. Diverso l’approccio sul vino rosso, che rimane lo zoccolo duro degli abitudinari con circa il 60% dei Baby Boomers che lo consuma 2-3 volte a settimana e addirittura 1/3 tutti i giorni.
Per il responsabile Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, “la crescita dei vini premium in gdo, a partire dagli spumanti, è un’eredità che il Covid ci lascia e che, unita alla ripresa dei consumi fuori-casa, può condurre a un incremento nel valore di mercato del vino consumato in Italia, oggi pari a 13,8 miliardi di euro, il 7% in meno di quanto raggiunto nel 2019”.
Ma la luce verde tra gli italiani e il vino non riguarda solo i consumi - che sono aumentati rispetto all’immediato pre-Covid (2019) - ma anche le scelte future dei consumatori. Sale l’indice di gradimento per i vini biologici/sostenibili che conquistano il primo posto tra i prodotti indicati a maggior potenziale di crescita nei prossimi anni con il 27% delle preferenze, ai danni dei vitigni autoctoni che, in 3 anni, passano dal 28% al 22%. Una rivoluzione verde trainata dai Millennials (27-41 anni) la cui quota in favore delle scelte green sale a oltre il 32%, mentre gli autoctoni scendono al 18%. In particolare, secondo l’indagine dell’Osservatorio realizzata su un campione rappresentativo a livello nazionale, è forte la motivazione sui vini sostenibili, con i consumatori disposti a spendere in media quasi il 10% in più pur di sposare la scelta etica. Consumi responsabili non solo in ottica ambientale: in relazione alla moderazione dei consumi, ancora una volta si distinguono i giovani, a riprova che lo “sballo” coinvolge in maniera molto marginale il vino. In media, infatti, negli ultimi 12 mesi gli italiani hanno consumato 4,1 bicchieri pro-capite alla settimana (erano 3,8% nel 2019), con i Millennials che si fermano a quota 3,5 e i Baby Boomers (over 57 anni) che invece si confermano i più assidui del calice. Ma le differenze rispetto al periodo pre-pandemico non finiscono qui. Se la regionalità (Veneto, Toscana, Piemonte in testa, ma anche Puglia e Sicilia) rimane un punto fermo tra le preferenze future dei consumatori, cresce la tendenza legata ai vini facili da bere, leggeri, a bassa gradazione oppure low and no alcol. Relativamente a questi ultimi, 2 intervistati su 3 non escludono di provarli in futuro, dato che sale quasi al 75% per le donne.
Altro aspetto importante che emerge, è che per gli italiani, consumare vino moderatamente nell’ambito di uno stile di vita sano non fa male alla salute. La tesi, a dibattito in corso sulle politiche dell’Ue (e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) in materia di consumi di alcol e alimentari, è condivisa dalla stragrande maggioranza degli italiani, con solo il 5% che non si trova d’accordo con tale affermazione. Inoltre, solamente 1 consumatore su 10 (13%) sa cos’è il Nutriscore, il nuovo sistema di etichettatura a semaforo che potrebbe trovare spazio sugli scaffali italiani ed europei nei prossimi mesi. Secondo l’indagine, anche l’ipotesi di aumentare le tasse sugli alcolici - e quindi sul vino - auspicata dal Parlamento europeo, trova d’accordo solo il 27% dei consumatori contro il 53% che ne contesta l’eventuale messa in atto. Nel suo complesso, su una scala di valori da 1 a 5, alle accise sul vino gli italiani attribuiscono un punteggio di 2,46 mentre condividono l’ipotesi di inserire in etichetta messaggi che invitano al consumo responsabile (voto: 4,04). Il punteggio più alto riguarda l’affermazione che il consumo moderato di vino abbinato a uno stile di vita sano non faccia male alla salute (4,18), seguita dal vino associato alla Dieta Mediterranea (3,81).
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