E’ la più piccola Docg d’Italia, che racchiude in bottiglia la storia di uno dei vini più antichi che rendono unica l’enologia del Belpaese, una vera e propria rarità per la sua natura di moscato nero e perchè prodotto nella sola provincia di Bergamo in una zona di selezione che è poco più che un giardino, un prodotto di nicchia che trova collocazione nei ristoranti stellati e nelle enoteche di alto profilo: al Moscato di Scanzo Docg e alla sua storia è dedicato un convegno, con esperti e studiosi, promosso dal Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo, con Regione Lombardia, Provincia di Bergamo e Comune di Scanzorosciate, di scena a Palazzo Maestri a Cenate Sopra il 10 novembre (info: www.consorziomoscatodiscanzo.it).
A raccontare la storia del rosso passito, sarà Walter Polese dell’Onav-Organizzaziona Nazionale Assaggiatori di Vino, a partire da come già Celso Lotteri nel 1852 scriveva che i coloni romani nel primo secolo a.C., fondata la loro colonia in Villa, Scanzo e Rosciate, si accorsero dell’eccellente qualità dell’uva locale e diedero avvio alla produzione di un vino “Moscatello” per venderlo a Roma, dove divenne uno dei più noti vini dell’epoca. Inoltre, saranno mostrate pergamene, atti notarili e manoscritti che riportano nel testo il nome del territorio di Scanzorosciate e del vino qui prodotto fin dal XIV secolo, annoverato nel 1789 da Cristoforo Baioni come “l’eccellente moscato detto di Scanzo” tra i “liquori” facendo supporre che già all’epoca il vino potesse avere le stesse caratteristiche di quello attuale.
Oggi il Moscato di Scanzo è un vino tanto tutelato da essere oggetto di studio al Centro Interdipartimentale per la Ricerca e l’Innovazione in Viticoltura ed Enologia. In occasione del convegno, il professor Osvaldo Failla della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano - che insieme alla Provincia di Bergamo, stanno sviluppando una ricerca genetica sulla mappatura del Dna di questo vino - spiegherà che i profili sensoriali di un vino sono il riflesso della sua composizione chimica, che a sua volta dipende dalla composizione delle uve di partenza e dagli eventi microbiologici, chimici e fisici intercorsi nel processo di vinificazione e di affinamento, che il sequenziamento dell’intero genoma (Dna) di un vitigno è in grado di svelarne le peculiarità. Illustrerà poi come l’analisi delle componenti del metabolismo cellulare (trascrittoma, proteoma e metaboloma) nei singoli tessuti vegetali, quali ad esempio quelli della bacca, consentono di verificare come le specificità varietali si esprimano effettivamente e come le condizioni di suolo e clima, e quelle di tecnica colturale, possano incrementare l’espressione ai fini dell’esaltazione delle caratteristiche qualitative del vino e delle note di tipicità.
Ma al convegno dedicato al Moscato di Scanzo si parlerà anche del percorso per ottenere il riconoscimento Docg, della conformazione del territorio e della volontà da parte delle autorità di sostenere la produzione e l’incremento del Moscato di Scanzo sul mercato italiano ed estero, dell’importanza del turismo enogastronomico per lo sviluppo del territorio e di uno sviluppo sostenibile in sintonia con il rispetto per l’ambiente e per il territorio stesso. “L’importanza di questo incontro è nel messaggio che il Consorzio desidera dare da parte di tutti i produttori - spiega Giacomo De Toma, presidente del Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo - cioè la volontà di crescere perseguendo nell’eccellenza e nella tutela del marchio come massima espressione di qualità e garanzia. Il Consorzio guarda verso un futuro fatto di promozione, forte della coesione da parte di tutti i produttori nel cercare nuove aree di mercato, senza tralasciare gli aspetti tecnici agronomici dove numerose aree di ricerca sono già state intraprese”.
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