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Vino, il pregio è passato. Ma è troppo presto per brindare ... Avviso agli enonauti. Buone notizie alla vigilia del Vinitaly 2005. Il peggio forse è passato. Il 2004 ha segnato una lieve ripresa, nel senso che è passato il febbrone da cavallo del 2003, davvero annus horribilis per il nostro vino. Sarebbe prematuro brindare, gli anni del boom (e dei prezzi facili) sono alle spalle, non torneranno. Ma si può guardare al futuro con maggior ottimismo. E’ il messaggio che esce dal consueto rapporto dell’Ufficio Studi Mediobanca sul settore vitivinicolo (su un campione di 71 imprese rappresentative del 35% del fatturato globale e del 51% dell’export). Vediamo subito le note negative: la peggiore è il crollo degli investimenti, passati nel 2004 da 235 a 171 milioni di euro, un salto indietro di 5 anni. Poi il calo dei consumi, che si porta dietro quello delle vendite: le principali aziende vinicole italiane hanno registrato una crescita del fatturato dello 0,2% appena.
Meno ricavi, margini in ritirata (il Roe, ritorno sul capitale, diminuito dal 10,1 all’8,9 per cento). A fronte di tutto ciò però sta un settore solido, fortemente patrimonializzato (con quello che valgono i terreni a vigneto…), dove la gran parte delle aziende é convinta di registrare, nel 2005, ricavi stazionari o in crescita. Solo una su sei prevede per quest’anno vendite in calo. Quindi non va malaccio. E che il futuro sia ben visto dalle griffes del vino lo conferma il sondaggio di www.winenews.it , uno dei siti informativi che fanno testo nel mondo del vino italiano, condotto fra 50 aziende italiane di gamma medio-alta. Il 70% di queste imprese dichiara di aver incrementato il proprio fatturato nel 2004. E la stessa percentuale si dichiara altrettanto ottimista per l’immediato futuro, scommettendo che anche nel 2005 la tendenza dei fatturati sarà al rialzo. Per l’umbro Marco Caprai (il reinventore del Sagrantino di Montefalco) “nel 2005 si farà di certo un po’ meglio, poiché l’economia non è, naturalmente, del tutto bloccata. Evidentemente, le aziende che hanno lavorato e continuano a lavorare con serietà, rimboccandosi le maniche, giorno dopo giorno, ottengono dei risultati”.
“I segnali positivi registrati nel 2004 - spiega il marchigiano Michele Bernetti (Umani Ronchi) - fanno ben sperare per il 2005, che fin dal suo inizio sembra già dimostrarsi come un anno all’insegna della crescita”. Enrico Viglierchio, della toscana Castello Banfi, leader nel Brunello negli States, guarda ai mercati emergenti: “In effetti, esiste un’apertura confortante dei mercati, specialmente quelli asiatici, Malesia, Tailandia, Singapore, che mandano segnali incoraggianti con tassi di crescita di buonissimo livello. Invece, il mercato interno credo che attraversi ancora un momento di stagnazione, con un incremento in volume, ma con una diminuzione in valore, privilegiando i vini di fascia medio-bassa. Discorso a parte merita il mercato europeo dove i segnali di crescita restano piuttosto deboli, rappresentando sostanzialmente un mercato saturo”. Da Franciacorta un produttore storico di bollicine come Riccardo Ricci Curbastro conferma che anche nel 2004 l’export ha tenuto “e senza bisogno di ritoccare in basso i listini. Chi ha sempre lavorato con equilibrio e guardando al rapporto qualità-prezzo, non si è pentito”. Chi vede invece una crisi strutturale è Gianni Zonin, n.1 dei vignaioli privati in Italia: “Ci sono tre fattori oggi che mi fanno dire che questa flessione è più acuta e diversa: una sovrapproduzione a livello mondiale, una drastica caduta dei consumi interni e una minore competitività della nostra produzione sui mercati esteri”. Il consumo di vino in Italia è arrivato al di sotto dei 50 litri procapite. Si può invertire la tendenza? Zonin conclude. “La prima cosa da fare è la convocazione degli Stati Generali del vino in cui produttori, politici, operatori di mercato si confrontino sulla strategia da adottare. Da questi Stati generali potrebbero uscire misure per me indispensabili: una forte iniziativa promozionale; l’abbattimento dell’Iva al 10%; una iniziativa internazionale per costringere i Paesi emergenti ad adottare il nostro sistema di garanzia verso il consumatore; un’azione di contenimento dei prezzi al consumo, che deve partire dai produttori ma che certo riguarda tutta la filiera del vino”.
Che dire? Che forse tutti osservano lo stesso bicchiere, qualcuno lo vede mezzo pieno, altri mezzo vuoto. Certo con vendemmie belle e abbondanti come il 2004 e consumi stagnanti, il problema di collocare il prodotto diventerà impellente e anche drammatico per chi punta sulle produzioni medie e medio-basse. Non a caso molte cantine sociali dell’Emilia e del Triveneto hanno praticamente svenduto le giacenze e in Francia, nel Bordeaux – cuore della grandeur transalpina - si è deciso di stoccare fino al 15% della vendemmia 2004 per non intasare il mercato.

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