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Cotarella (Antinori) - "Alzare la qualità non i prezzi" ... Quarta azienda del vino per fatturato dopo i colossi cooperativi Caviro, Giv e Cavit. Prima azienda privata del mercato italiano. Anche dalle statistiche di Mediobanca il gruppo Marchesi Antinori vede confermata una leadership che arriva da lontano, dalla storia di una famiglia che è tra gli artefici del Rinascimento enologico italiano, quello che in poco più di un ventennio ha portato il vino italiano nell’olimpo dell’eccellenza mondiale. La ricetta? “Vocazione internazionale, ma i piedi ben piantati in Italia, in Toscana, nel Chianti classico”, scandisce Renzo Cotarella, direttore generale del gruppo controllato dalla famiglia fiorentina guidata da Piero Antinori.
Quattordici milioni di bottiglie prodotte col marchio di casa, 1700 ettari sparsi fra Toscana, Umbria, Lombardia, Piemonte e Puglia, etichette che sono diventate un cult per gli appassionati di tutto il mondo: Solaia, Tignanello, Cervaro della Sala… Un mito che regge, grazie anche ai nuovi investimenti in Puglia (Tormaresca fra le Murge e il Salento), Piemonte (il Prunotto ad Alba) e Lombardia (le bollicine di Montenise in Franciacorta). Che affiancano i tenimenti tradizionali della famiglia a San Casciano Val di Pesa, nel Chianti classico, a Montalcino, Bolgheri, Montepulciano, in Umbria. Il preconsuntivo sui conti del 2004 evidenzia un fatturato sui 106 milioni di euro, in lieve flessione rispetto al 2003 (poco più dell’1%). Di questi tempi … ”Non è andata male - dice Cotarella - manteniamo le nostre quote di mercato e soprattutto l’immagine del prodotto”. Traducendo: non avere ritoccato in basso i listini? “Per carità. Erano comunque fermi da 2 anni. Fatturato a parte, contano i margini. Grazie ad una attenta politica dei prezzi, quelli del gruppo Antinori non sono diminuiti, e ci aspettiamo un utile lordo, prima delle imposte, in linea col 2003, poco più di 22 milioni di euro”. Allora, la crisi? “La crisi c’è , il dollaro non aiuta, la Germania è ferma. Il 2005 non sarà facile, nonostante sia iniziato meglio dell'anno scorso. Però…”. Lei sembra ottimista? “Le difficoltà sono note, ma sappiamo anche che ci sono spazi per fare meglio. Ad esempio i consumi. Sono stazionari, ma il vino resta un bene che attira, affascina, appassiona, fa moda. Il nostro mondo è cresciuto tanto, si è espanso, è salito ai vertici mondiali. Era fisiologica una crisi di rigetto, di sovrapproduzione…Tutto dovrà tornare a regime. Nel 2005 per la prima volta dopo due anni torniamo a vedere aumenti di fatturato. Chi punta sulla qualità, sul prodotto può ancora avere un futuro straordinario”. La ricetta per il futuro? “Insistere sulla qualità, sul territorio e rendersi conto che certe pazzie sui prezzi oggi non sono più possibili. Bisogna trovare forti equilibri tra qualità e prezzo, altrimenti la competizione ci mette fuori gioco”. Le vostre tre nuove realtà, Puglia, Piemonte e Franciacorta, crescono più della Toscana.. “E’ normale che le realtà più giovani rivelino margini di crescita più ampi di quelle consolidate. Ma non va dimenticato che i prodotti nuovi crescono bene perché garantiti dal marchio Antinori”. Si parla tanto di maggior penetrazione sui mercati esteri. Come? “Integrando il vino nel made in Italy, proponendo le nostre bottiglie come parte integrante di uno stile di vita che sposa l’eccellenza del bere al cibo, alla moda, ai motori…”. E poi servirebbe più aggregazione, più squadra..”Non c’è dubbio, soffriamo ancora di troppa frammentazione, di dispersione delle iniziative. La crisi è servita anche a farci capire che da soli, senza un sistema Paese alle spalle, non andiamo da nessuna parte”.

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