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"Servo vino in automatico". E intanto in pentola bolle il latte ... La democrazia del vino è nata in un capannone della zona industriale di Meleto, l’unico posto brutto nella campagna di Strada in Chianti, ma d’altra parte non si può avere tutto, nella vita. La «democrazia del vino» è il certificato firmato da un big, quel Ludovico Antinori che s’è inventato l’Ornellaia. «D’altra parte il nostro sistema è il solo che permette a chiunque di bere un bicchiere di Chateau Margaux o di Sassicaia senza fare il mutuo per comprarne una bottiglia»: è così che chiarisce il concetto Riccardo Gosi, 47 anni, produttore da 25mila bottiglie a Panzano, nel cuore bello del Chianti, con la moglie. E industriale da 2 milioni di euro nel 2005, con la prospettiva di fatturarne 4-5 quest’anno. Grazie alla democrazia del vino.
Che ha un nome: si chiama Enomatic, l’azienda messa in piedi da Riccardo Gosi e altri due soci alla fine degli anni Novanta, poi fissata in pianta stabile in società con Lorenzo Bencistà, che a Greve in Chianti è un nome storico. E’ uno dei due fratelli Falorni - l’altro, il più noto, è Stefano - proprietari dell’omonima macelleria. Ma Lorenzo aveva anche il pallino della cantina, e con l’idea di Riccardo Gosi si prese subito a meraviglia: un sistema self-service per consumare il vino che si paga grazie a una carta elettronica. Un bancomat per bere, già. Nel Duemila la prima installazione di un certo livello, cento erogatori alle Cantine di Lorenzo Bencistà, a Greve. Ma come funziona? Semplice. La macchina distribuisce il vino, e nel frattempo pensa anche a conservarlo al meglio in bottiglia, grazie all’azoto (o all’argon, meno usato ma addirittura migliore) che è un gas inerte e che impedisce quindi al vino di ossigenarsi. Di ossidarsi. E gli garantisce una durata di almeno tre settimane in bottiglia, «ma solo perché - aggiunge Gosi - i nostri test sono terminati dopo tre settimane: a Greve, in inverno, quando il turismo langue e il consumo diminuisce, abbiamo visto che si poteva arrivare anche a due mesi».
LA MACCHINA è disponibile in due versioni: una lineare, una modulare, la più grande è stata realizzata a Orlando, in Florida, con 150 rubinetti, un’altra in Giappone conta 130 bottiglie attaccate. In Italia ne sono state installate già quasi 500, all’estero sono presenti ormai in 32 Paesi, «il nostro primo mercato - osserva Gosi - sono gli Stati Uniti, letteralmente impazziti per la libertà della wine card, abbiamo visto una installazione in Texas dove i 25 millilitri di Chateau Margaux erano in vendita a 50 dollari. Poi funziona in Svezia e in Olanda, va in Giappone e in Nuova Zelanda, siamo entrati in Gran Bretagna, stiamo penetrando in Spagna, presto faremo una grande installazione a Maiorca, e serviamo due negozi a Mosca». E a chi piace di più? «Al recente Vinitaly, due settimane fa, almeno un centinaio di aziende agricole ci hanno chiesto le macchine, per le degustazioni guidate il sistema è ottimo, perché c’è anche la possibilità di farlo pilotare da un operatore. Qualche azienda le acquista anche per darle in comodato ai ristoranti in cambio della distribuzione dei propri vini, lo fa Fonterutoli, lo fa Zonin. E poi enoteche, negozi, ristoranti, tra i nostri clienti c’è il Cavallante ma anche Bulgari a Milano, c’è la Tenda Rossa a Cerbaia Val di Pesa, c’è un wine bar a Boario terme che ha anche cioccolateria, e questo è molto interessante... Ma la situazione più singolare è quella del centro commerciale Le Befane, a Rimini: lì funziona con accettatore di monete, come le bibite in lattina, e fa impazzire la gente. Che si compra un panino da McDonald’s, poi va a farsi il bicchiere nell’altro bar...».
UN DUBBIO: ma il rapporto con chi ti versa il vino, due chiacchiere in quella particolare atmosfera di complicità che si forma quando si stappa qualcosa di interessante? «Vero - ammette Gosi - vero. Ma i vantaggi sono comunque enormi. Perché le macchine non rovinano il prodotto, un Ornellaia o un Laffite restano in bottiglia, non circolano per i tubi dopo l’erogazione, e ripeto, tutti ne possono bere senza svenarsi, si mette il grande vino nel bicchiere di tutti. Alla Tenda Rossa di Cerbaia, per esempio, stanno cominciando ad attaccare agli erogatori anche magnum piuttosto importanti, di grandi annate. Ciò vuol dire che, ovviamente, il target sarà comunque selezionato, e questo è il bello della wine card, che diventa una vip card, o comunque una fidelity. Con gli stessi vantaggi, la possibilità di essere raggiunti da informazioni, da notizie sulle offerte». Alla Enomatic, in più, pensano anche alla formazione, «facciamo training per il personale e per i proprietari delle aziende clienti, ci interessa che sia chiara la filosofia, mettere il vino nel bicchiere nel modo giusto». Parla, Gosi, e intanto guarda il computer. Sullo schermo, un programmino di design, «ebbene sì, l’ammetto, sto progettando qualcosa di nuovo».
Top secret, ma c’è da capire. Di là, nella grande stanza, si lavora al montaggio, in azienda sono 12 in tutto ma qualcosa arriva anche da fuori, «il problema è che qui ormai non ci stiamo più, bisognerà cominciare a trovare qualcosa di più grande...». Dietro le spalle, su una mensola, una piccola mucca in plastica, di quelle della cow-parade. Ha un fianco aperto, dentro si vede una catena di rubinetti per il latte. L’uovo di Colombo, già. (arretrato del 22 aprile 2006)
Autore: Paolo Pellegrini

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