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Pratica guida su come investire nel vino, e perché farlo proprio oggi … Né criptovalute, né Nft. In questo momento storico, il miglior bene rifugio è il vino: ecco come investire nell'oro rosso...Le criptovalute non passano un momento roseo, lo slancio degli Nft si è ormai arrestato da mesi e anche i mercati finanziari tradizionali tremano di fronte alla recente crisi del sistema bancario. Gli investitori in questo momento storico sono più che mai alla ricerca di asset alternativi dove puntare i propri soldi. E a giudicare dai trend più recenti, sembra che uno dei protagonisti in questo senso sia il vino. L'"oro rosso" mostra un ottimo stato di forma e si sta imponendo sempre più come un bene rifugio appetibile in un momento storico tempestoso. A crescere non è solo l’interesse degli investitori professionali, ma anche di quelli privati. E al banchetto non può mancare l’Italia, vista la sua profonda tradizione vitivinicola. Il 2022 è stato un anno di grande incertezza economica. La pandemia di Covid-19 ha allentato la sua morsa, ma l’economia globale ha continuato a risentire dei suoi effetti, anche per la prosecuzione di politiche di chiusura rigida da parte di alcuni paesi come la Cina. La guerra in Ucraina scoppiata in febbraio ha aggravato il quadro, portando a una grave crisi energetica che non ha fatto sconti per nessuno. Sullo sfondo, gli Stati Uniti hanno dovuto fare i conti con la crisi del mercato del lavoro. Tutto questo ha avuto un impatto sulle performance dei mercati finanziari, che hanno dato poche certezze e tanti grattacapi agli investitori. Cercare asset alternativi è diventato allora un imperativo più che una scelta e sempre più persone hanno iniziato a guardare al vino. Mentre i principali indici dei mercati finanziari chiudevano l’anno con numeri profondamente in rosso - dal meno 15 per cento del S&P500 al meno 26 per cento del Nasdaq - il vino faceva in effetti registrare cifre positive addirittura in doppia cifra. L’investimento in questo asset nel 2022 ha segnato una crescita del 10 per cento a livello globale, parte di un trend che prosegue da molti anni. Rispetto a un decennio fa la crescita del settore del vino è stata addirittura del 162 per cento, mentre negli ultimi cinque anni varietà come la Borgogna hanno visto impennarsi dell’80 per cento gli investimenti. Una fotografia chiara di un fenomeno tutto nuovo, che non sembra però passeggero. Può capitare di comprare una bottiglia e sentirsi dire che aspettando qualche anno essa renderà ancora di più. Un consiglio gustativo che però vale anche da un punto di vista economico. Se un vino è buono oggi ma domani lo è ancora di più, in linea di massima tenderà ad acquisire più valore. L’investimento in vino funziona più o meno così: comprare vino oggi, conservarlo o far sì che qualcuno per noi lo conservi nelle condizioni ottimali, e rivenderlo un domani a un prezzo maggiorato al netto dell’inflazione, realizzando così una plusvalenza. A rendere profittevole il comparto è che non servono grandi capitali per lanciarsi. Pagare bottiglie di pregio qualche centinaia di euro in enoteca per l’aperitivo può suonare come una spesa esagerata, ma quelle stesse centinaia di euro diventano briciole se si ragiona in termini di investimento e le si paragona alla spesa necessaria per altri asset alternativi, come auto d’epoca e orologi. Proprio questa bassa soglia di ingresso è considerata la fortuna dei vini da investimento. Ma l’attenzione deve restare sempre alta. Dall’etichetta all’annata, passando per la provenienza, l’investimento nel vino non può essere frutto di un calcolo casuale e improvvisato, magari dettato dalle proprie preferenze a tavola. Occorre seguire i trend di mercato, provando ad anticipare i boom del futuro o scommettendo che quelli del presente siano destinati a durare. La più importante piattaforma del mondo in termini di vini da investimento e riservata agli investitori professionisti è il London International Vintners Exchange (Liv-ex). Oggi conta 450 membri di 36 paesi di tutto il mondo, rappresenta il 95 per cento del fatturato di investimenti in vino a livello globale e qui è possibile seguire l’andamento del mercato attraverso appositi indici. Per gli investitori privati invece il mercato si basa su rivenditori o distributori autorizzati, oltre che sulle aste dei fine wines. Come sottolinea una ricerca di WineNews, tutte le principali case d’asta italiane nel 2022 hanno fatto registrare volumi in crescita in termini di fatturato nel comparto dei vini da investimento. E che il settore se la passa bene è evidente anche dalla diffusione di apposite piattaforme che si occupano di questo. Vindome, per esempio, è un’app che si occupa di vini da investimento e nella sua libreria è possibile incrociare i tempi di invecchiamento delle bottiglie con l’aumento della loro qualità e dunque del valore, mentre la sezione live market è una sorta di Borsa dove si compra e vende vino in tempo reale. Un’altra app che opera nel settore è Liquinvex: qui si crea un proprio wallet senza barriere di ingresso e si possono acquistare singole bottiglie per investimento o partecipare tramite crowdfunding alle collezioni realizzate dalla redazione che sta dietro alla piattaforma. Passando dal virtuale al fisico, sono poi in aumento anche le società che offrono servizi di consulenza e gestione del risparmio nel mondo del vino. Per quanto l’Italia sia il principale produttore di vini a livello mondiale e vanti alcune tra le bottiglie più pregiate, è soprattutto sulla Francia che si è concentrato lo sguardo degli investitori quando ha iniziato a decollare il concetto di vino da investimento. Il Bordeaux e lo Champagne hanno dominato e continuano a dominare il comparto, seguiti con il tempo dal Borgogna. Ma l’affermazione dei vini italiani non si è fatta attendere. Oggi nel Liv-ex 100, l’indice di riferimento per gli investimenti nel vino, si trovano 16 vini italiani, concentrati però in due sole regioni: Toscana, ben 11, e Piemonte, cinque. Tra le novità che vi hanno appena fatto ingresso, il Redigaffi 2019 Tua Rita e il Barolo Falletto Vigna Le Rocche Riserva 2016 Bruno Giacosa. Per quanto riguarda il sotto indice con i dieci vini italiani più richiesti e scambiati, la top ten di inizio 2023 è formata dal Barolo Bartolo Mascarello, il Barbaresco Gaja, il Barolo Monfortino Riserva Giacomo Conterno, il Masseto e l’Ornellaia di Frescobaldi, il Sassicaia Tenuta San Guido, il Solaia e il Tignanello di Antinori, il Barolo Falletto Vigna Le Rocche Riserva Bruno Giacosa e il Flaccianello della Pieve Fontodi. Su Wine Lister è invece possibile consultare le annate più interessanti dei vini nostrani (ma non solo). E allora se capita tra le mani un Barolo del 2004, 2007 o 2010 guai a farselo scappare, mentre per il Barbaresco le annate migliori sono 1990 e 2004. In caso di un giro in Valpolicella, invece, l’Amarone che dà il meglio e che può quindi costituire un investimento interessante è quello del 2001, 2006, 2008, 2009 e 2011.

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