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IL DATO

Export, il vino italiano cresce nei primi 6 mesi 2025 nei mercati top. Ma con tante preoccupazioni

Gli Usa restano il mercato più importante e in crescita, ma “l’effetto scorte” per i dazi sta finendo. Il Report Wine Monitor Nomisma
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xport, il vino italiano cresce nei primi 6 mesi 2025 nei mercati top, i dati Wine Monitor

Se nel complesso, a livello mondiale, il vino italiano nei primi 5 mesi 2025 ha tenuto nelle esportazioni, accusando solo una lieve flessione in valore (e una leggermente più forte in volume) in un contesto decisamente complesso, secondo i dati Istat, le cose in generale per il commercio mondiale di vino non vanno male nei primi 6 mesi dell’anno, secondo il Report Wine Monitor di Nomisma se si guarda ai 12 mercati internazionali tra i più importanti (Usa, Regno Unito, Germania, Canada, Giappone, Cina, Svizzera, Francia, Australia, Norvegia, Brasile e Corea del Sud, dati doganali), con il vino tricolore che fa registrare nel complesso una crescita del +1,5% a valore (2,8 miliardi di euro) e del +2,1% a volume (703,5 milioni di litri), facendo meglio della media, a +1,4% in valore (10,6 miliardi di euro di importazioni di vino complessive da tutti i Paesi) e -1,3% in volume (2,8 miliardi di litri).
E nonostante il fatto che “la fotografia aggiornata delle importazioni di vino nei principali mercati mondiali nel primo semestre 2025 mette in luce l’assenza di un andamento univoco: nella prima metà dell’anno, infatti, i singoli Paesi monitorati nel report Nomisma evidenziano dinamiche differenti”. Gli Stati Uniti si confermano il principale mercato di riferimento, ma la fine dell’accumulazione di scorte da parte degli importatori in previsione dell’entrata in vigore dei dazi disposti dall’amministrazione Trump ha visto un secondo trimestre in calo: se, infatti, fino a marzo la crescita delle importazioni totali negli States aveva segnato un +22% sullo stesso periodo dell’anno precedente, il cumulato aprile-giugno ha, invece, registrato una riduzione del -7%.
Si tratta, spiega Nomisma, di una tendenza che ha coinvolto anche gli acquisti di vini italiani: la variazione per il primo semestre appare positiva (+2,5%, per 1,05 miliardi di euro, e 188,9 milioni di litri, +7,5%) solo grazie all’accumulazione avvenuta nei primi tre mesi dell’anno.
“In attesa della pronuncia della Corte d’Appello Usa sulla legittimità dei dazi, a seguito della causa promossa da alcune aziende locali tra le quali l’importatore di vini italiani Victor Schwartz, è evidente che le nostre aziende vitivinicole siano obbligate a monitorare le dinamiche in atto a livello globale per individuare altri mercati in grado di assorbire le nostre produzioni”, commenta Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor.
Per quanto riguarda gli altri mercati di riferimento, anche in Canada i vini italiani hanno “scontato” l’effetto dazi di Trump, ma, al contrario, nel primo semestre dell’anno le importazioni dall’Italia sono cresciute di quasi l’11% (206,3 milioni di euro per 35,7 milioni di litri) beneficiando della sostituzione “a scaffale” dei vini statunitensi (come ritorsione ai provvedimenti tariffari di Trump), crollati di oltre il 65%. Una performance molto positiva per i vini del Belpaese si registra anche in Germania (+10,3% a valore nei primi 6 mesi, per 522 milioni di euro, e 223,2 milioni di litri, +1,8%), in evidente recupero sull’anno scorso. Al contrario, il Regno Unito fa segnare una flessione nell’import di vini italiani del -7,3% a valore (per 452,5 milioni di euro), così come Svizzera (-3,6% 202,5 milioni di euro), Francia (-5,6% per 113,2 milioni di euro), Norvegia (52,8 milioni di euro, -4,1%), Cina (45,1 milioni di euro, -8,5%) e Corea del Sud (25,2 milioni di euro, -5,9%). Tra chi vede le importazioni di vino italiano crescere, ancora, c’è il Giappone, a +0,7% nei primi 6 mesi 2025 sul 2024 (87,1 milioni di euro), ma anche l’Australia (+7,1%, per 31,9 milioni di euro) e il Brasile (+7,9%, per 18,4 milioni di euro).
Rispetto alle singole categorie di vini, da gennaio a giugno 2025, spiega ancora Wine Monitor Nomisma, rallenta l’ascesa degli spumanti italiani, con una crescita cumulata nei 12 mercati pari a +0,8% a valore (748,2 milioni di euro) e +6% a volume (166,2 milioni di litri): Giappone (+12% in valore), Stati Uniti (+6,7%) e Cina (+6,3%) sono i tre mercati che registrano le crescite più dinamiche. Una fotografia di segno opposto, invece, è quella di Regno Unito (-6,6% a valore), Francia (-2,4%) e Australia (-4,4%). Sul fronte degli acquisti di vini fermi e frizzanti italiani (1,9 miliardi di euro, +2,1%, nel complesso dei 12 mercati esaminati), la Germania, dopo un 2024 in negativo, mette a segno un bel recupero (+14,2% a valore, per 388,4 milioni di euro), unitamente a Canada (+12,4%, per 170,3 milioni di euro), Australia (+14,6% a 20 milioni di euro) e Brasile (+10,4%, per 17 milioni di euro), evidenziando performance positive rispetto ad altri mercati come Regno Unito (-8,1%, per 233,4 milioni di euro) e Cina (-10,5%, per 37,7 milioni di euro).
“Il rischio di una contrazione del mercato statunitense potrebbe avere un impatto significativo per l’export vitivinicolo italiano - sottolinea ancora Denis Pantini - anche alla luce di un trend nei consumi interni che già da qualche anno mostra segnali di rallentamento. Una sua flessione non potrebbe essere facilmente compensata, almeno nel breve periodo, dalla crescita di altri mercati, che spesso presentano dinamiche di sviluppo più lente e minori capacità di assorbimento. È proprio per questo che diventa fondamentale per le nostre imprese iniziare a guardare con più attenzione a nuove aree geografiche di espansione, diversificando il più possibile i mercati di sbocco. È però necessario essere consapevoli del fatto che il processo di radicamento commerciale al di fuori dei mercati consolidati, come appunto quello statunitense, richiede tempi medio-lunghi, oltre che investimenti mirati e strategie di lungo respiro”.

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