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Da Dogliani parte la riscossa del Dolcetto ... Citato in documenti del 1500 è il vino da pasto più bevuto tra Cuneo e Alessandria. Ora conquista la docg con un’etichetta che riporta il nome del territorio e non quello del vitigno... Chi non lo conosce pensa si tratti di un vino da fine pasto perché il nome “Dolcetto” può, in effetti, trarre in inganno.
Dolce non è, anche se alcune delle teorie sull’origine del nome sono proprio legate al suo sapore non aggressivo. Che derivi dalla dolcezza delle sue uve o dalla sua bassa acidità (soprattutto se confrontato con altri vini piemontesi di largo consumo come la barbera) oppure dai declivi su cui viene coltivato (duset o duzet, piccoli dossi) resta il fatto che è questo il vino da pasto per eccellenza delle province di Cuneo e Alessandria. La sua importanza per la vita rurale è confermata anche dal primo documento che lo cita: risale al l593 e si tratta di un’ingiunzione che vieta l’inizio della vendemmia prima del giorno di San Matteo (21 settembre).
Da sempre considerato fonte di sostentamento per chi doveva lavorare nelle vigne o nei campi per l’intera giornata, riflette il suo valore nelle numerose doc che lo contraddistinguono: Acqui, Alba, Asti, Diano d’Alba, Dogliani, Langhe Monregalesi e Ovada. Si coltiva e si vinifica anche in Liguria, dove prende il nome di Ormeasco. Dalla scorsa settimana, qualcosa è cambiato: alla schiera delle tante doc si è aggiunto il “Dogliani docg”.
Sparisce dall’etichetta il nome del vitigno e rimane solo quello del territorio, anche se deve essere prodotto con il 100% di uve dolcetto coltivate nei comuni di Bastia, Belvedere Langhe, Clavesana, Cigliè, Dogliani, Farigliano, Monchiero, Rocca di Cigliè e, in parte, del territorio dei comuni di Roddino e Somano. Chiamarlo Dogliani è stata una scelta dal doppio valore: premiare uno dei territori più famosi per questa produzione, dove operano e hanno operato alcuni dei viticoltori più eccellenti, ivi compreso il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, e nascondere un po’ il nome “ambiguo” di quel vitigno che traeva in inganno i più, soprattutto se stranieri. Il nuovo vino è la versione “superiore” con 13 gradi di titolo alcolometrico e un invecchiamento di almeno 16 mesi.
Di sicuro questa nuova docg non accontenta tutti perché, in certo modo, penalizza le altre. Indubbiamente però rappresenta un momento importante per un territorio non troppo vario nelle sue produzioni e che, negli anni scorsi, quando erano in voga i vini pastosi e “costruiti”, ha sofferto della semplicità del suo vino. Ora, con questa docg, arriva la riscossa e a imbottigliarlo sono già parecchi produttori, ivi compresa la Cantina Sociale di Clavesana che, negli ultimi tempi, ha avuto il ruolo primario di produttrice del “vino da bere” mantenendo la vera tradizione del Dolcetto come vino da tutti i giorni. D’ora in poi, a inizio novembre, sarà immesso sul mercato questo nuovo Dogliani docg e, per assurdo, in concomitanza con l’uscita del “Novello”, con cui non ha di certo nulla a che spartire. Perché questo, come lo ha chiamato la Cantina Sociale di Clavesana, è un “Rosso con i numeri”.

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