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Finanza&mercati

Il vino piace sempre di più ai giovani. Anche se troppo caro ... Successo per Vinitaly con 150mila visitatori arrivati da oltre 100 Paesi. Ma la vera sorpresa sono gli under 30... Il 41 Vinitaly si è concluso con gli applausi: nei 5 giorni più di l50mila visitatori (4% d’incremento) e un’entusiasmante crescita di operatori esteri, con un inatteso aumento del 15%, malgrado il prossimo Vinexpo a Bordeaux che solitamente assorbe l’attenzione dei buyers internazionali. La giornata di venerdì 30 ha visto un operatore straniero ogni 4 visitatori, fattore che ha innescato ottimismo fra i produttori, rassicurati da richieste specifiche che confermano il percorso qualitativo dei vini italiani.
Costituiscono soddisfazione e orgoglio il rammarico di alcuni importatori dell’Est e dell’Oriente che non possono acquistare il Merlot di Miani o il Piantonaia di Poggio Scalette o l’Amarone di Quintarelli, per fare solo alcuni esempi di vini stratosferici, ma esigui nel volume. L’Ente Fiera di Verona conferma che i buyers sono arrivati da oltre 100 Paesi diversi; i giornalisti da 52 per un totale di 2.600 presenze stampa, ribadendo che questa manifestazione è in Costante crescita, con la partecipazione di 4.300 aziende e una lista d’attesa di altre 240 per il prossimo anno. Sono state 30 le nazioni che hanno presentato i loro prodotti negli 86mila metri quadri espositivi e l’incremento è stato del 5%, un trend che altre Fiere non vantano, in quanto i bn aumenti variano dal 1 al 2 % o addirittura regrediscono.
È stata ampiamente confermata la sensazione degli anni precedenti circa la crescita di interesse da parte dei compratori dell’Est europeo, affiancati da quelli di aree in via di sviluppo come Cina e India, alle quali hanno fatto cornice i Paesi ad alta frequentazione turistica, (Maldive e Tropici). Il Nord America ha incrementato il suo interesse riguardo i vini italiani tanto che, per merito loro, l’edizione di quest’anno è stata definita “energetica” da Andrea Sartori, presidente dell’Unione Italiana Vini. Tutti questi dati diventano vero compiacimento per gli operatori e per l’Ente Fiera, ma lasciano spazio ad alcune perplessità: se nei programmi esiste l’aumento di spazi espositivi (con ulteriori presenze), come sopporterà e supporterà la città di Verona i visitatori? La viabilità attorno alla Fiera è più che disagevole; al mattino, dal casello di Verona Sud ai parcheggi si impiegano almeno 60 minuti e la sera ne deve far prevedere almeno 90, malgrado il percorso alternativo su Verona Nord. Gli alberghi della città sono superpieni e obbligano al pernottamento minimo di tre notti; quelli della provincia e delle aree limitrofe (Lago di Garda., Brescia, Vicenza e Mantova) offrono un tiepido aiuto.
Allo scoccare delle 18,30, momento della chiusura, i taxi dovrebbero essere numerosi, ma le interminabili file di persone che aspettano denunciano il contrario, nonostante la volontà di associarsi nei percorsi di rientro.
Per chi non è stato previdente, prenotando con settimane di anticipo, è impossibile trovare posto nei ristoranti e la scelta obbligata è il terzo turno in pizzeria, con poche eccezioni di qualità e abbondanti delusioni. Il Vinitaly insomma intasa Verona e verrebbe da pensare che la Fiera dovrebbe ridimensionare le sue ambizioni (facile dirlo, ma mortificante realizzarlo visto il trend positivo!); è anche vero che in molti espositori il malcontento per i servizi socio-urbani cresce ogni anno e alcuni evitano, da molte edizioni, la presenza nei padiglioni a favore di ristrette manifestazioni collaterali. Una riflessione sui disagi cittadini sarebbe opportuna! Questo Vinitaly ha offerto altre lusinghiere conferme: un rapido sguardo ai volti dei visitatori in prossimità dei cancelli d’entrata ha fatto riscontrare molta gioventù, ben più numerosa degli anni passati. Gli under 30 sono stati la maggioranza dimostrando di avere un approccio di coscienza con il vino, di volerlo capire e di raccontarlo, mentre i brizzolati si sono presentati in numero sensibile l’ultimo giorno; meno significativa la presenza dei quaranta e cinquantenni, probabilmente una fascia d’età fra due generazioni poco educate al vino.
Altra nota positiva, merito sicuramente dell’Ente Fiera che ha saputo fronteggiare situazioni indecorose, è stata l’assenza dei fondisti del “goto”, ovvero persone che si sfidano sulla quantità e non sulla cultura e la poesia enologica. L’evidente tendenza che le nuove generazioni bevono vino con competenza, consolida un’opinione che mi sono costruito da tempo: “senza cultura non si fa commercio!” e a conferma di ciò ho notato che gli under 30 non si sorprendono per i prezzi delle bottiglie di qualità, li accettano e li appuntano senza commenti, al contrario degli over 60 che non mancano lamentele e contestazioni. Forse si comincia veramente a capire il valore della qualità.

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