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Finanza&mercati

Chi rischia con la “Grande Sete”. Ortofrutta e pomodoro sono fritti ... Preoccupazione per ortaggi e uva da tavola mentre se la passano meglio le viti da vino e gli olivi.Da Nord a Sud la mappa delle produzioni agroalimentari in pericolo per la probabile crisi idrica... Addio al simbolo del Made in Italy agroalimentare, il pomodoro. Il cambiamento di clima, la siccità che colpisce l’Italia in questo periodo, sommato alle scelte politico economiche legate al disaccoppiamento degli aiuti Ue, mettono a rischio la produzione dell’emblema della nostra cultura alimentare, “il valore aggiunto della pizza o degli spaghetti”, come affermano i rappresentanti di Unaproa, il più grande sistema ortofrutticolo aggregato d’Europa. “Siamo nella fase di trapianto delle piantine - dice Giovanni Lambertini presidente Ainpo Parma - abbiamo bisogno di acqua adesso, ma anche in futuro in quanto il pomodoro deve essere irrigato durante tutte le fasi”.
Quella di Parma e Piacenza è la zona dove si producono importanti quantità di pomodoro da industria. Insieme alla Puglia la cui produzione viene trasformata in Campania. “Nella nostra zona si producono 22 milioni di pomodori da industria - sostiene Giuseppe Grasso, presidente Aop Foggia - ma le nostre risorse idriche sono scese da 2mila a 800 metri cubi”. Per quanto riguarda le altre colture, c’è abbastanza preoccupazione per l’uva da tavola (la Puglia ne produce il 72% dell’Italia, se la passano meglio le viti da vino e olivo, ma si temono ripercussioni per asparagi, carciofi e tutte le altre ortive.
“Il problema- commenta Ambrogio De Ponti, presidente Aop Uno Lombardia - è legato alla qualità, alla continuità dell’acqua per irrigare più che alla quantità. La prima irrigazione del mais avveniva a maggio, ma con i terreni secchi si fa adesso. C’è bisogno di acqua in un momento in cui non ce n’era mai stato bisogno”. Paradossalmente chi sta meglio è la Sicilia che da sola produce il 53% degli agrumi italiani. “Le piogge di marzo e aprile - spiega Rosario Provino presidente Aop Sicilia - ha reso la situazione meno grave del resto dell’Italia. Il problema, caso mai, è legato al fatto che agrumi e ortaggi sono in sofferenza in quanto il 35% della produzione è ancora nei campi in quanto non c’è mercato”.
Il rischio è quello che si possa ripetere un annata nera come il 2003 quando l’agricoltura raccolse danni per oltre 5 miliardi di euro a causa della siccità. Stavolta, come sostiene Confagricoltura la crisi idrica potrebbe portare a danni per quasi 7 miliardi. Confagricoltura ricorda che tra le colture più a rischio, oltre a tutta la frutta estiva (pesche, albicocche nettarine specie in Emilia Romagna e Trentino Alto Adige che da sole sfiorano il 50% della produzione italiana) e agli ortaggi (meloni, angurie, melanzane) che coprono oltre 250mila ettari, specie in Puglia, Sicilia e Campania dove si produce il 40%, per un valore della produzione di quasi 4 miliardi di euro. ci saranno in campo riso, mais e bietole rispettivamente con 23Omila, un milione e 95mila ettari coltivati per un valore che sfiora i 3 miliardi di euro.
“L’andamento climatico - dice Confagricoltura - sta diventando un problema strutturale del nostro sistema economico e nei prossimi anni sarà determinante per il reddito delle imprese agricole. Le istituzioni devono reagire subito”. Quello che chiedono tutte le associazioni di categoria, Cia e Coldiretti comprese, è la cabina di regia per monitorare i bacini idrici e i cambiamenti del clima. Confagricoltura ritiene, inoltre, importante avviare una costante attività di formazione per le imprese su rischio climatico ed economizzazione dell’acqua.

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